#giornatatracce. «Parlare con te mi sta facendo respirare»

Elisa e i suoi amici propongono la rivista alla festa di Cologno Monzese. All'inizio è difficile. Viene voglia di tornare a casa. Poi si ferma un giovane panettiere egiziano. E inizia a raccontare...

Un amico, invitandoci alla “Giornata Tracce, ci raccontava che aderire a questa proposta era la possibilità di poter tornare «a rivedere la persona amata». Come quando ti sei innamorato, il giorno dopo desideri vederla di nuovo. Che provocazione! Ho pensato alla grandezza che questa occasione poteva essere per me: mi apriva alla possibilità di rendermi conto di “quell’affetto che principalmente mi sostiene”. Di Chi mi è accaduto nella vita. È per questa ragione che ho deciso di andare a proporre anch'io Tracce per le vie di Cologno Monzese, nei giorni della festa cittadina.

Siamo in pochi, un banchetto traballante, piove a dirotto, all'inizio la gente per le strade è poca. Insomma, la partenza non è incoraggiante. Sono tentata di tornare a casa. Perché ne vale la pena? Guardo quelli che sono con me e il fatto che ci siano mi ridonava un barlume di coscienza del motivo per cui mi trovo lì.

Propongo la rivista alla gente che passa e inizio a incassare una serie di “no”, uno dietro l’altro. Ad un tratto un’amica si ferma a dialogare con una persona e s'intrattengono per mezz'ora. Rimango meravigliata dalla durata della chiacchierata, speranzosa che qualcosa può accadere. In quell'istante domando al Signore: «Vieni Tu! Fa che qualcuno, qui, oggi, possa intercettare Te».

Poco dopo incontro un ragazzo in bici. È un egiziano cristiano, da nove anni lavora in una panetteria. Mi entusiasmo ad ascoltare la sua storia. Ha gli occhi che brillano, mentre dice quanto il lavoro sia importante per lui e per la sua dignità. Anche se fa turni massacranti, se ha poco tempo libero, è contento perché, altrimenti, passerebbe le giornate a casa demoralizzato. Che novità trovarmi di fronte a un ragazzo che, anche dentro la fatica, è lieto e non si lamenta. Il racconto continua e mi confida il desiderio di aprire un panificio in proprio e i problemi che questo implicherebbe. Continuo ad ascoltarlo, lo incoraggio. A un certo punto si chiede come sia possibile parlare con me di queste cose con una tale familiarità, visto che è la prima volta che ci incontriamo. E continua: «Eppure parlare con te mi sta facendo respirare».
Anch'io gli racconto che ci sono momenti in cui ho bisogno di parlare con una persona amica per “respirare” e che anche leggere Tracce è occasione per farlo. Mi chiede come può fare per aiutarmi a vendere la rivista. Sorrido e gli dico che io non ho bisogno di raggiungere un obiettivo, ma che sono contenta se intanto lo può leggere lui. Così gliene regalo una copia. Rimane spiazzato e mi dice che se accetta deve sdebitarsi, almeno regalandomi un po’ di focaccia. Prima di salutarci, ci tiene a lasciarmi il suo numero di telefono con la promessa di incontrarci presto.

Mi stupisco di aver sperimentato di nuovo quello che dice papa Francesco: «Dio ci ama, si è fatto più vicino di quanto potessimo immaginare, ha preso la nostra carne per salvarci. Questo annuncio è il cuore della fede, deve precedere e animare ogni nostra iniziativa». È la certezza di essere stati visitati da questo Suo amore che salva.

Elisa, Lissone