Chiusi in casa. Senza fermare la vita

Lo studio per la tesi senza gli amici, niente Scuola di comunità, nessun momento di ritrovo. È ancora possibile continuare l'esperienza del movimento? Federico scopre che, anche con le restrizioni per il Coronavirus, ha tutti gli strumenti per il cammino

Fino a poco tempo fa, tutto stava svolgendosi nella sua normalità: scrivevo la tesi, passavo le mie giornate a studiare con gli amici del Clu al Politecnico, vivendo insieme a loro la fine del mio periodo universitario. Tutto procedeva come previsto, fino a quando non si è presentato il coronavirus. All’inizio di questa emergenza, il Politecnico sarebbe dovuto restare chiuso per due giorni, poi per una settimana. Settimana dopo settimana, però, la chiusura veniva prolungata. In questa circostanza, tanti amici avevano smesso di studiare, perché è difficile farlo se non sai se e quando potrai sostenere l’esame; in fondo li capisco… Ma le scadenze relative alla mia tesi sono rimaste le stesse, così io ho dovuto continuare. Fortunatamente, non sono rimasto solo: qualcuno avrebbe dovuto sostenere l’esame in videocollegamento, un altro amico era tesista come me, altri si univano a noi di tanto in tanto.

Ci siamo così ritrovati a studiare in piccoli gruppi in casa di amici. Oltre alla chiusura dell’università, sono venuti a mancare anche altri gesti, come la Caritativa e la Scuola di comunità. La loro assenza per me è stata ed è difficile e mi sono reso maggiormente conto di quanto questi mi aiutassero. Quando l’altro giorno sembrava che finalmente ci saremmo potuti incontrare in un luogo aperto per fare la Scuola di comunità, ecco che anche questo appuntamento, come gli altri, veniva cancellato. Che dispiacere! Erano due o tre settimane che sentivo il bisogno di un posto dove potersi guardare davvero, confrontandosi con il testo, ma non c’era nulla da fare: la realtà parlava chiaro.
L’altro giorno, dopo un’iniziale incertezza, ero di nuovo a studiare dal mio amico. «Cerchiamo di non tossirci in faccia, di rimanere in pochi e di mantenere il più possibile le norme d’igiene, ma a casa da solo non sento di farcela a studiare…»: anche se con un po’ di paura dentro di me, così gli avevo detto quando ci eravamo messi d’accordo per studiare insieme.

Durante una pausa, però, insieme ad altri due coinquilini dell’appartamento, dopo aver parlato un po’ della situazione sanitaria generale, ci trovavamo a parlare della Scuola di comunità che non c’era stata il giorno prima. Il mio amico tesista, in particolare, si era messo a parlare di sé, di cosa avesse vissuto in quest’ultimo periodo, delle sue fatiche con la fidanzata, del limite e della chiusura che sentiva su di sé e di come invece l’avesse aiutato leggere certi passi della Scuola di comunità o come fosse riuscito a cambiare completamente prospettiva nel momento in cui si era semplicemente sentito voluto bene dalle persone che gli stavano intorno. Noi lo ascoltavamo e ci ritrovavamo a chiedergli chiarimenti: su come avesse fatto ad avere certi cambi di posizione, su come avesse fatto ad aprire gli occhi e ad accorgersi di chi gli volesse bene intorno a lui. In tutto questo, sentivo una commozione dentro di me: senza averlo premeditato, ci stavamo trovando in quattro a fare scuola di comunità e ad aiutarci, condividendo le nostre esperienze e le nostre fatiche.

LEGGI ANCHE - Coronavirus. «Chiedete per me il dono della perseveranza»

Ora, non so se nei prossimi giorni ci saranno ancora le condizioni per vedere questi amici, a causa della diffusione di questo virus e delle sempre più restrittive misure di prevenzione, ma ho fatto un’esperienza che mi permette di affrontare i prossimi giorni con una certezza in più: il mio amico mi ha testimoniato che a partire da quello che ci è dato ogni giorno, facendo le stesse fatiche che faccio anch’io, abbiamo tutti gli strumenti a disposizione per poter continuare a fare un lavoro personale e non fermare la nostra vita.

Federico, Torino