«Ecco perché posso amare il mare»

Un anno cominciato in salita, per Davide. La malattia, sua e dei famigliari. Poi, il coronavirus e il futuro che si fa nebbioso, facendo saltare schemi e progetti. «Eppure non sono "affogato"»

È dall’inizio dell'anno che sto imparando a vivere “come un brasiliano”: da quanto mi ha raccontato una missionaria, nelle favelas la vita non trascorre tra stabili certezze, come la casa o il lavoro, ma tutto può cambiare ogni giorno; le madri non sanno se a fine giornata dovranno sfamare lo stesso numero di bocche, le mogli se i mariti torneranno a casa vivi, gli uomini se avranno un lavoro il giorno dopo.

Con GS siamo andati a Milano durante le vacanze invernali. Mi sono ammalato, e sono rimasto in albergo perdendomi molte cose. Al ritorno, ancora malato, non ho potuto festeggiare Capodanno con i miei amici. Anche in famiglia, nel frattempo, si sono ammalati in tanti e non siamo potuti scendere in Puglia dai nonni, che non vedevo da agosto e vedrò, Covid permettendo, solo quest’estate.

Più volte in questo periodo mi è capitato di pensare alla morte. Ho pianto. Mi è toccato più volte occuparmi della spesa e di altre cose che mi hanno fatto fare i conti con il mio tempo, di cui, illuso, volevo essere padrone. In più, mio padre lavora in una terapia intensiva... E poi, chissà cosa ne sarà dell’esame di maturità. E del dopo: avrei dovuto incontrare delle persone per scegliere l’università, ora si vedrà.

Questo è un mare, quello in cui navigo dall’inizio dell’anno e in cui più volte ho rischiato di affogare. Tra imprevisti e progetti saltati. La realtà ha scardinato ogni schema. Eppure è stato un regalo vivere in questi mesi in cui non ho mai smesso di vedere che tutto accadeva per me. Non so cosa me l’abbia permesso. Di sicuro ha contribuito il fatto che a Scuola di comunità, anche quando si parlava di drammi e disgrazie, lo si faceva sempre con un accento positivo; e non per ottimismo, ma per la fede nella realtà. Pensavo: «Anch’io voglio vivere così la mia vita».

Così, anche quando piangevo, pensavo ai volti dei miei amici, a quelli dei miei fratelli: qualsiasi cosa sarebbe accaduta, loro avrebbero continuato ad amarmi. Forse è proprio l’amore quel «punto fermo tra le onde del mare», di cui parla la canzone Parsifal, di Claudio Chieffo. La realtà, anche se ha il Coronavirus, si può abbracciare. Il mare si può amare.

LEGGI ANCHE «Più a rischio, ma più contenta»

L’isolamento di questi giorni mi ha fatto sentire ancora di più il bisogno degli amici, dei nonni, dei compagni di classe (con i quali, ultimamente, erano nati dei bellissimi rapporti) e perfino dei fratelli, con cui pur si litiga nello stare insieme tutto il giorno. Io non ce la posso fare da solo, ho bisogno di Qualcosa di più grande che mi risollevi ogni volta. Questo Qualcosa a me è accaduto. E c’è sempre, anche quando sono distratto.

Davide, Imola