Foto Unsplash/Chris Montgomery

Vacanze online, per reimparare a vivere

Tre serate, due pomeriggi di studio e un'assemblea finale. Senza averli mai visti prima "in presenza", una ragazza di GS ha proposto a una trentina di amici di trovarsi via Zoom. «Basta dire di sì alla realtà e accadono cose inimmaginabili»

All’inizio della seconda ondata di contagi, io e mio fratello ci siamo detti: «Nel primo lockdown ci è stato chiesto di sopravvivere, per questo lockdown ci è chiesto di reimparare a vivere». Tutti gli anni, durante le vacanze di Natale, con il mio gruppo di Gioventù Studentesca trascorrevamo tre giorni in vacanza, dove giocavamo, studiavamo e incontravamo persone. Quest’anno più che mai avevo bisogno di stare con chi mi poteva aiutare a tenere gli occhi aperti. Per questo mi sono detta che dovevamo trovare un modo per fare comunque la vacanzina. Era evidente che non sarebbe stato come gli anni scorsi ed era ancora più evidente che non la si poteva fare “in presenza”. Quindi abbiamo deciso di farla “online”. Quando mi è venuta l’idea ho chiamato Luisella, la mia responsabile di GS, che mi ha detto: «Va bene Giuli, parti! Chiama gli altri e pensiamo come fare».

Il pomeriggio in cui ho telefonato per proporre l’idea è stato surreale: le persone con cui faccio raggio (il raduno periodico dei ragazzi di Gioventù Studentesca, ndr) non le ho mai viste dal vivo perché con loro ho iniziato solo da ottobre di quest’anno, per cui le chiamate partivano con: «Ciao, sono Giulia, quella nuova di GS, non so se mi hai in mente...». Tutti quelli che ho chiamato mi hanno spiazzato perché hanno immediatamente accettato ed erano entusiasti della proposta. Quindi l’idea c’era, le persone anche, bisognava solo organizzare.

Ci siamo sentiti, abbiamo deciso il titolo, “E tu che cosa aspetti?”, le date, le attività e poi abbiamo invitato gli amici. Abbiamo deciso di fare tre serate (due giochi e una testimonianza) e due pomeriggi studio. Inaspettatamente molte persone hanno accettato, eravamo circa una trentina. Il 27 sera è incominciata la vacanzina e, anche se ci siamo visti solo su Zoom, è stata tutta una sorpresa, qualcosa che nessuno di noi si sarebbe immaginato. Per i giochi abbiamo tirato fuori quelli che a marzo si facevano in chiamata con il proprio gruppo di amici, come Kahoot, ma abbiamo anche riproposto alcuni classici adattandoli, come il “Gioco dei criteri” o “L’intesa vincente”. Nessuno si è tirato indietro, sia chi partecipava alla sua prima vacanzina sia chi ne aveva già fatte tante, perché era una modalità di giocare insieme molto diversa, che ci permetteva di farci compagnia.

Anche i pomeriggi studio sono stati molto belli. Collegati su Zoom con video acceso e microfono spento, ognuno per conto suo, una cosa molto semplice, però studiare con qualcuno davanti, il poter chiedere una mano agli altri ha permesso di farci compagnia e a me ha aiutato a non sprecare quei pomeriggi. Ero più contenta davanti a quello che dovevo fare, perché non ero sola. Per la testimonianza è venuto padre Francesco Ielpo, francescano della Custodia in Terra Santa, che ci ha raccontato la sua storia. Ci ha detto che per cambiare il mondo non si devono fare grandi cose. «Basta dire di sì alla realtà e accadono cose belle, inimmaginabili. Così è stato nella mia vita». È riuscito a dire ciò che stavo vivendo: il mio dire di “sì” a quello che stava succedendo, ha permesso che semplici attività diventassero qualcosa di bellissimo.

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L’ultimo giorno, abbiamo fatto l’assemblea: in tutti emergeva una attenzione a quello che avevamo vissuto e una gratitudine per il tempo passato insieme che non mi sarei mai aspettata. Proprio durante l’assemblea mi sono ricordata del punto da cui eravamo partiti: non ci basta aspettare che finisca il Covid, non ci basta aspettare l’arrivo del vaccino. Io ho bisogno di aspettare qualcosa o qualcuno che mi possa rendere felice anche se il virus permane. Questa compagnia di amici mi ha accompagnata in questo aspettare e mi ha aiutato a tenere gli occhi ben aperti per cercare un tentativo di risposta. Alla fine di questi giorni, molti mi hanno ringraziato, ma per me questa esperienza è stata una grazia, perché sebbene la maggior parte delle persone con cui ho organizzato e vissuto non le avessi mai viste, io con certezza le posso chiamare «amiche», perché sono state serie davanti al mio desiderio. Sono grata di aver trovato degli amici così.

Giulia, Milano