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«Buongiorno prof, a che ora va a messa?»

Mesi di insegnamento faticosi, eppure ricchissimi, dove è possibile vedere l'umanità dei ragazzi fiorire. Quella di una ragazzo che parla della nonna e della fede, per esempio. O della alunna che suggerisce la fiction su Chiara Lubich...

Nella fatica, anche fisica, di questi mesi di insegnamento, costretti a giornate intere davanti al video, capita di assistere al fiorire dell’umanità nei ragazzi. Tanti gli episodi, gli incontri, le occasioni. Ne racconto due in particolare.

Per Educazione civica, avevamo fatto un appassionante lavoro sulle migrazioni. Dopo la proposta di visione libera dello spettacolo Rumore d’acque di Marco Martinelli del Teatro delle Albe di Ravenna (gli stessi che hanno realizzato The Sky over Kibera su Dante nello slum più grande di Nairobi per Avsi), un ragazzo dice: «Nel gruppo di giovani cristiani che frequento si parla della fede, di cosa voglia dire credere in Dio. Queste persone, pur affrontando il mare e rischiando la morte, credono ancora nel loro dio, nei loro dei». Interviene un compagno, timidamente, quasi a voler correggere l’amico: «Io so che nel cristianesimo è promessa la vita eterna. Lo vedo in mia nonna, molto malata e sofferente, che si è riavvicinata alla fede. Il dolore c’è ancora, ma in lei c’è la speranza, la gioia». Sono rimasta in silenzio, commossa. Quando dei ragazzi arrivano a dire di sé così, la scuola realizza il suo compito.

Secondo episodio. Avevo inviato una mail a tutti segnalando un docufilm bellissimo sugli ultimi scavi a Pompei. Qualche giorno dopo, mi scrive una ragazza, di solito molto timida, per dirmi che le era piaciuto. E aggiunge: «Voglio segnalarle anch’io qualcosa da vedere, la fiction su Chiara Lubich, che ho visto con mia mamma». Mi commuovo di questa reciprocità, libera e bella. Le chiedo cosa l'abbia colpita. Mi risponde: «Il modo in cui questa donna ha vissuto il Vangelo». E con lei non c’era mai stata occasione di parlare della fede.

Che un ragazzo si senta “a casa” in classe, persino in dad - ma alla fine è un dettaglio – tanto da consigliare un programma alla prof... È per me il centuplo regalato alla mia vita. Un segno che sfida continuamente la mia libertà, facendo sbiadire sempre di più ogni tentazione di impossessarmi e replicare a tavolino questi miracoli quotidiani.

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L'ho capito anni fa quando avevo invitato un gruppo di studenti, alcuni maturandi, al monastero benedettino della Cascinazza, fuori Milano. Sono nate amicizie, legami, contatti; avevo anche il desiderio che potessero incontrare in università l’esperienza del movimento. E invece no, è nata un'amicizia libera, tra me e loro, come tra compagni di viaggio. Nessun possesso, solo una gratitudine infinita e la domanda povera, ma sempre un po’ più vera di un cuore puro. Da quell’incontro un ragazzo ha ripreso ad andare a messa. E ogni tanto arriva un messaggio: «Buongiorno. Domani a che ora va a messa?».

Emilia, Bollate (Milano)