Vacanze. Chi rende tutto possibile?

Poco prima di partire con la comunità degli universitari di Bologna, accadono un serie di imprevisti. La cosa più conveniente? Vivere il più "defilata" possibile. Oppure fare spazio a Lui...

Che «l’imprevisto sia la sola speranza» è un’affermazione che, per quanto affascinante, esige una verifica continua. Quest’anno, ad una settimana dalla partenza per il campo con gli universitari di Bologna, è arrivata la notizia che il nostro responsabile era risultato positivo al Covid. A me e ad altri due amici è stato allora chiesto di guidare la vacanza. È stato un “sì” non scontato: venivo da settimane molto faticose a causa della sessione impegnativa, di alcune difficoltà nella comunità e della perdita di un caro amico. Insomma, si trattava di un vero e proprio imprevisto, che si scontrava inequivocabilmente con le mie aspettative sulla vacanza: se analizzavo come stavo prima di partire, la cosa più conveniente per me era vivere quei giorni il più “defilata” possibile, lontana, perché nelle condizioni in cui ero non avrei avuto nulla da dare.

Sono stata, però, subito ripresa dall’omelia che il nostro sacerdote ha fatto il primo giorno, a proposito del Vangelo della moltiplicazione dei pani e dei pesci: «Non piangiamoci addosso perché siamo così o cosà. Non preoccupatevi, è solo Lui che “sazia ogni vivente”! Ma ognuno deve metterci quello che è». Ecco il punto: liberarsi dallo scrupolo della “prestazione” e iniziare a fare le cose innanzitutto per me, lasciando che il mio modo maldestro di guidare la vacanza facesse spazio a Lui, la cui compagnia era forse ciò che mi mancava di più in quei giorni, perché avevo iniziato a concepirmi da sola di fronte all’enorme baracca da portare avanti.

Sono stati giorni di sorpresa nel vedere che tutte le persone presenti al campo si sentivano co-responsabili insieme a noi: a partire dai segretari di facoltà che hanno aiutato la segreteria centrale ogni giorno (dato che molti erano in quarantena), al servizio d’ordine fatto da persone che non lo avevano mai fatto prima, ad amici che, inaspettatamente, davano la loro disponibilità nel corso della settimana per cantare, suonare o preparare i vari momenti. Cosa li muoveva? Diceva una ragazza nell’assemblea finale: «Sto servendo la storia che mi ha presa, sono pronta a fare tutto».

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Servo Qualcuno che mi ha presa anni fa, e che mi riprende per grazia ora, nella responsabilità, nel servizio d’ordine, nella segreteria, nel partecipare alla vacanza. È questo che desidero per l’estate e l’anno che a breve ricomincia: che con i centoquaranta amici con cui abbiamo sperimentato questa bellezza ci si possa stringere sempre di più a Chi l’ha resa possibile. Quest’anno più che mai, infatti, con tutti gli imprevisti che hanno costellato la settimana, non possiamo credere di averla generata con le nostre capacità.

Sara, Bologna