(Foto Counsius Design/Unspalsh)

Un concerto tutto per loro

In una classe di diciassettenni, la prof chiede se abbiano mai ascoltato musica classica dal vivo. «E perché avremmo dovuto, se nessuno ci ha mai aiutato a capirla?». Nasce così l'idea di invitare un pianista a suonare per i ragazzi. Ecco cosa è successo

Ultimi giorni di scuola per la mia classe quarta. Programma più o meno concluso, verifiche svolte, voti assegnati. Una cosa però è rimasta sospesa. Mesi fa, mentre spiegavo le onde sonore, ho rivolto ai ragazzi questa domanda: «Avete mai ascoltato un concerto di musica classica?». Cos’ha di familiare per dei diciasettenni questo tipo di musica? Assolutamente nulla, e me lo fanno capire. Uno di loro mi provoca: «Come può pensare che possiamo acquistare un biglietto di musica classica quando nessuno ci ha educato a comprendere il messaggio che cela?». Questa frase mi brucia dentro. Io ho avuto il dono di incontrare un maestro, don Giussani, che non solo mi ha educato a questo genere di musica, ma mi ha introdotto al significato profondo che i brani da lui tanto amati portano, insegnandomi a paragonarli con la mia esperienza.
Racconto l’accaduto alla mia collega di religione che, a differenza di me, non si ferma alle difficoltà oggettive, ma mi rilancia e mi dice: «Organizziamo un concerto per loro». Nel giro di qualche ora contatta un suo amico pianista, docente al Conservatorio che si rende disponibile a suonare solo per i nostri alunni.

Non mi sembra possibile: tutte le mie perplessità, obiezioni, si sgretolano immediatamente. Il mio cuore si riempie di gratitudine nei confronti della collega che ha preso sul serio non solo il mio desiderio, ma anche la loro domanda. Il secondo momento di gratitudine lo sperimento quando noi adulti ci incontriamo per l’organizzazione dell’evento. L’aspetto tecnico fa solo da cornice, perché si innesca un bellissimo dialogo dove ci raccontiamo le nostre esperienze ecclesiali - la mia collega e il pianista appartengono al movimento dei Focolari - e ci scopriamo desiderosi di comunicare, attraverso la musica, la bellezza incontrata, soprattutto in questo periodo in cui la guerra e l’odio imperversano.

Il fatidico giorno arriva. I ragazzi ci sono tutti, eleganti e puntuali… normalmente devo sempre riprenderli sull’orario. Alcuni di loro hanno scelto di saltare gli allenamenti di basket pur di essere lì.
Un’ora e trenta scorre tra esecuzioni di brani di Brahms, Chopin, Beethoven, mentre i ragazzi, sollecitati dal maestro Alessandro, diventano i veri protagonisti raccontando di sé, dei sentimenti e delle emozioni suscitate da ciò che ascoltano. Non distolgono lo sguardo dalla tastiera e da quelle mani che, attraverso le note, fanno vibrare il loro cuore. Per tutto il tempo, cellulari dimenticati. Quando il concerto termina e Alessandro chiede se è stato di loro gradimento, i ragazzi più vicini gli dicono: «Maestro, noi cinque, in aula, siamo sempre quelli che stanno infondo. Oggi nessuno ci può togliere la prima fila! Grazie».

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La serata termina con la cena. Non si aspettano di entrare in una casa, il Focolare maschile, dove c’è una tavola imbandita per loro. Al gelato una ragazza incredula ci dice: «Ma dove è l’inganno? Pure il gelato!». Nessuno di loro accenna ad andarsene, continuano a raccontarsi, a ridere, scherzare, come se fossero a casa loro. Si offrono di sparecchiare e di portare via la spazzatura. Prima di uscire un mio alunno, il più cinico e diffidente, mi dice: «Grazie, prof. Erano giorni che mi svegliavo annoiato e non mi attendevo nulla dalla giornata. Dopo quello che ho visto stasera, domani mi alzerò lieto e grato».
Magda, Ancona