Visitatori alla mostra di Luino

Lo sguardo che arriva da Kampala

In occasione del Centenario di don Giussani, la mostra sulle “donne di Rose” sbarca a Luino, sul Lago Maggiore. A presentarla, anche persone che non avevano mai sentito parlare di loro

Rita vede la mostra “Tu sei un valore”, sulle “donne di Rose” di Kampala, al Meeting di Rimini dello scorso anno e rimane molto colpita. Ne parla con gli amici della comunità e insiste nel volerla allestire per una settimana a Luino, cittadina sulla sponda lombarda del Lago Maggiore, proponendola tra gli eventi del Centenario della nascita di don Giussani.
Inizialmente pochi reagiscono con entusiasmo. Qualcuno è scettico, qualcuno si chiede se ci saranno persone che visiteranno una mostra così nella nostra città, altri pensano alle complesse questioni tecnico-organizzative.

Ma basta avere tra le mani il catalogo, leggerlo, per seguire l’intuizione di Rita e capire che occorre guardare e non misurare. È impossibile non immedesimarsi nell’esperienza di dolore e di rinascita di queste donne che, grazie all’incontro e all’amicizia con Rose, hanno scoperto Colui per cui vale la pena vivere e curarsi. Una storia che documenta una vita cambiata da un cristianesimo vissuto, perché, come ha ricordato padre Mauro-Giuseppe Lepori agli Esercizi spirituali della Fraternità: «Se Cristo non è realmente “sperimentato” come presente, è come se non esistesse».
Una trentina di persone, tra cui il sindaco della città, decidono di coinvolgersi come guide. Alcuni non hanno mai sentito parlare di queste donne africane, eppure sono toccati, provocati dalle loro domande.



Ma cosa dicono le donne di Rose alla nostra vita? Ci interessa entrare nel cuore della mostra partendo dal contraccolpo che abbiamo avvertito. Nasce così il desiderio di dialogare con una coppia di amici varesini, Manolita e Stefano, che vivono da alcuni anni a Kampala e che hanno collaborato alla realizzazione della mostra. Su Zoom, Stefano esordisce dicendoci che la sola cosa da fare è scoprire chi siamo noi, attraverso le donne, e lasciarci stupire da quello che vediamo compiersi in loro. L’invito è a far riecheggiare innanzitutto in noi la domanda - chi sono io? - che ha permesso loro di riscoprire il valore infinito della vita e di riconoscere di essere generate e amate ogni istante dal Mistero.
Valentina, dopo l’incontro online, pensa che sia bello e facile raccontare l’esperienza di Rose e delle sue donne, ma il secondo giorno di turno si trova due gruppi di persone quasi tutte del movimento. Si chiede: «Ma cosa potrò dire io che loro non sappiano già e meglio di me? Cosa c’entro qui?». Si apre l’intuizione: se quel valore infinito c’è davvero in tutti, c’è anche in lei. Prende un bel respiro e introduce la mostra invitando ciascuno a guardare le donne e a lasciarsi guardare da loro, a dire “io”. Ma il punto decisivo avviene prima del video di Rose: la commozione di Valentina è tale da farle dire che, come Rose è stata guardata e presa dal Mistero attraverso don Giussani, anche lei desidera e ha nostalgia per quella relazione con il Mistero.

Ci sorprende ciò che accade tra noi e con le persone che incontriamo. Persino i gesti apparentemente semplici e quasi automatici, come rispondere al telefono per le prenotazioni delle visite guidate o organizzare montaggio e smontaggio dei pannelli, sono svolti con una cura e un’attenzione diversa. I giorni di apertura sono un continuo susseguirsi di incontri. Le visite guidate diventano un’occasione per mettersi in gioco e per risvegliare l’umanità nostra e degli altri.
Andrea è un dipendente del Comune. Lavora part-time presso Palazzo Verbania che ospita la mostra e, per questa occasione, gli viene chiesta una disponibilità maggiore. Non si lamenta, cura i dettagli e affronta con creatività gli imprevisti. Già durante la prima visita guidata si inserisce nell’introduzione perché non può fare a meno di condividere ciò che l’ha colpito: la testimonianza di Rose e la letizia delle donne che cantano e ballano nonostante il duro lavoro di spaccare le pietre. Che cosa lo rende possibile? Solo un cuore commosso, che gli fa dire con gratitudine al termine della mostra: «È stato un privilegio incontrarvi e stare con voi».

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La stessa commozione cattura il cuore di un gruppo di ragazzi delle medie. Marco e Sara, che li accompagnano, colgono un silenzio e un’attenzione non di circostanza. Alla fine, gli studenti mettono per iscritto le loro riflessioni. Uno scrive: «All’inizio pensavo che fosse una mostra come le altre, ma poi ho scoperto che era tutt’altro. Queste donne hanno insegnato molto a noi tutti». E un altro: «Probabilmente non dimenticherò mai quello che ho visto sui volti delle donne mentre raccontavano le loro storie; cercavo di immedesimarmi col loro dolore. Intanto mi guardavo in giro per vedere le espressioni dei miei compagni. Per la prima volta la mia classe stava in silenzio e ascoltava con interesse».
Una ragazza che soffre di disturbi alimentari scrive alla sua insegnante: «Le testimonianze di Rose e delle donne mi hanno provocata a reagire. Ho scoperto di avere un valore anch’io. Voglio cominciare a volermi bene».
Monica, Luino (Varese)