Verso il Santuario della Santa Casa (Foto: Beatrice Picotti)

Vivere quella «pienezza stabile»

Sara ha partecipato al pellegrinaggio a Loreto per maturati, laureandi e laureati. I dialoghi in viaggio, la testimonianza di Riccardo, la lezione di don Francesco. Per riscoprire che «il punto non è dove vado, che cosa scelgo o che cosa farò...»

Ho partecipato al pellegrinaggio a Loreto organizzato per maturati, laureati e laureandi. Già andare dovendo chiedere un permesso dal lavoro, che dal qualche mese ho iniziato, mi ha fatto capire che tante cose stanno cambiando nella mia vita. Eppure mi sembra sempre di non essere mai pronta alla novità, trovandomi spesso paralizzata di fronte alle scelte, soprattutto in questo periodo in cui alcune grandi decisioni chiedono che io prenda una posizione. Mi sono accorta di questa mia incapacità e turbamento già durante il viaggio in macchina da Bologna a Loreto. I miei quattro compagni, infatti, non hanno lasciato fuori niente di sé, a cominciare dall’amica che ha raccontato della sua importante scelta lavorativa, fino ad un altro di noi che sta attendendo il risultato dell’ammissione al dottorato. La giornata è iniziata quindi molto seriamente, ma questa serietà quasi mi dava fastidio: come mai loro sono così sereni rispetto alla vita, ed io mi incastro così facilmente?

Al mio arrivo ero ancora presa dal mio fare lavorativo e dalle decisioni che dovevo prendere, ma l’essere a Loreto ha coinciso con un momento di grande pace, che mi ha sorpreso.
Dapprima mi ha richiamata il momento della testimonianza: Riccardo, neo laureato di Milano che ho conosciuto in questi anni, ha raccontato del suo incontro con i ragazzi del movimento in università, e di quelle presenze fondamentali che lo hanno sostenuto anche nei momenti di maggiore difficoltà. «Potevo tornare a respirare: forse quello che stavo vivendo non si sarebbe risolto, ma ero amato», ha detto. Mentre lo ascoltavo, pensavo a quante volte anch’io ho vissuto la stessa esperienza. Anche per me, infatti, ci sono sempre stati alcuni volti amici con i quali, nonostante ci si trovasse in momenti di prova, era davvero possibile vivere quella «pienezza stabile», come l’ha chiamata Riccardo. Una pienezza che non dipende dalla circostanza immediata. Ed ecco il primo flash della giornata: sono amata e non sono sola.

Il secondo passaggio me l’ha indicato don Francesco Ferrari: nella sua lezione mi ha ricordato che Chi mi ha chiamata all’inizio continua a chiamarmi oggi. «La nostra vita è vocazione, è rapporto con Qualcuno che chiama. Siamo voluti da sempre. Possiamo guardare le decisioni che dobbiamo prendere da figli». Altro punto: non dove vado, cosa scelgo o che lavoro farò, ma di Chi sono. C’è Qualcuno che salva tutto, che trova il modo di rendersi presente, introducendo nella mia vita quella «pienezza stabile». Con questo rapporto ritrovato, dopo la Messa, sono andata con gli altri quattrocento ragazzi a visitare la Santa Casa, affidando a Maria ciò che avevo nel cuore.

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Nel pomeriggio, poi, il gesto si è concluso con l’assemblea. Sentivo parlare gli altri ragazzi e pensavo a quando ho fatto io la maturità: ogni parola mi sembrava astratta e lontana da me. Poi in questi anni è veramente accaduto qualcosa, grazie al quale posso dire con certezza che il mio cuore, lì a Loreto, desiderava solo far memoria di Chi lo riempie. «Non se pensi a ciò che devi fare, ma di chi sei. Se pensi a quella preferenza, accetti tutto». Mi è stato ridonato questo: la presenza degli amici nella mia vita, la bellezza di un cammino accompagnato, come è stato in questi anni, e la certezza di una chiamata quotidiana. Con questo è davvero possibile accettare tutto. L’essenziale di fronte alle decisioni da prendere, quindi, non è immediatamente cosa scelgo, ma chi c’è con me.
Sara, Bologna