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Pesaro. Uno strano doposcuola

L’alternanza scuola-lavoro in un centro di aiuto allo studio, l’esame di maturità e lo stupore della commissione. Una prof racconta quello che ha visto accadere tra i suoi studenti

Insegno Lettere in un liceo classico. All’esame di maturità sono stata commissaria interna per una quinta: due anni fa, parecchi alunni di questa classe avevano partecipato per l’alternanza scuola-lavoro al doposcuola dove io svolgo la caritativa. È un aiuto allo studio, legato al Centro di Solidarietà, rivolto a bambini di elementari e medie che vivono in contesti di disagio. Il progetto prevedeva venti ore in cui gli studenti delle superiori dovevano collaborare all’attività di insegnamento. Un gruppetto di miei alunni l’avevano svolta nel primo quadrimestre del 2020. Un altro gruppo si era iscritto per il secondo quadrimestre, ma a causa della pandemia, erano riusciti a andare una sola volta, altri non avevano neppure iniziato. La sorpresa che ho avuto all’esame è stata che tutti quelli che avevano partecipato hanno deciso di parlare di questa attività scegliendola fra tutte quelle fatte (90 ore e più), persino chi era stato per solo due ore.

La seconda cosa che mi ha colpito è stata la profondità con cui i ragazzi hanno raccontato del doposcuola, dimostrando di aver compreso qualcosa di sé e di aver colto aspetti che anche io, che collaboro da anni, non avevo mai notato. Una ragazza ha detto di aver scelto di iscriversi a Scienze della formazione primaria avendo capito che la sua strada è l’insegnamento ai bambini. Un’altra ha mostrato il foglietto con disegno e dedica scritta dalla bambina che seguiva. Aveva conservato quel pezzetto di carta per due anni. Altri hanno raccontato di aver scoperto quanto è affascinante rapportarsi ai ragazzi delle medie, spesso svogliati, mentre io spesso mi irritavo al loro poco interesse per lo studio. O ancora aiutare gli studenti stranieri cercando le parole più semplici. Una ragazza ha descritto la bellezza di iniziare la lezione con un canto perché «non è un gesto avulso dallo svolgimento dei compiti che comincia subito dopo, ma getta una luce diversa sul lavoro scolastico». Pensare che io avevo sempre sentito soltanto la fatica di far cantare bambini non abituati a farlo!

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La commissione d’esame, compresa la commissaria esterna, è rimasta colpita da questi racconti e ha chiesto più informazioni su questo “strano” doposcuola. Ho pensato che davvero siamo il tramite di un bene che lì per lì non vediamo, ma che passa attraverso la nostra diponibilità, il nostro sì, nonostante - o forse attraverso - i nostri limiti.
Giovanna, Pesaro