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Bastano tre amici certi di quello che vivono

Le elezioni universitarie a Roma. Federico è preoccupato perché, in un ateneo con 13mila studenti, al suo appuntamento elettorale arrivano solo in tre. Ma l'incontro con una ragazza di una lista avversaria cambia la prospettiva

Qualcosa di incredibile è accaduto nella settimana dal 7 all’11 novembre durante le elezioni degli organi collegiali interni della Sapienza a Roma.
Lunedì mattina appuntamento per incontrare le persone e proporre la nostra lista. Alle otto siamo in tre. Passa il tempo e rimaniamo in tre, in un ateneo che conta quasi 130mila iscritti e noi di Obiettivo Studenti abbiamo trenta candidati.
Mi prende la rabbia. Cosa stiamo sbagliando? Perché nessuno si coinvolge? La giornata va avanti anche peggio. Gli incontri non producono nulla, e la rabbia cresce. Il lunedì passa così, con questa ferita, apparente negazione di tutto il lavoro svolto negli ultimi due anni.

Martedì ho appuntamento con un’amica, che ci aveva conosciuto in un incontro per le elezioni per il Cnsu (Consiglio Nazionale Studenti Universitari). Non so cosa vede in me, ma da allora quando ha un problema mi chiama.
Al bar lei mi racconta le sue fatiche per essersi candidata in una lista di sinistra che tra l’altro non è proprio benevola nei nostri confronti. D’improvviso arriva Alessandro, mio amico e candidato in Obiettivo Studenti a Fisica.
Alessandro conosceva questa amica solo dai miei racconti, ma lei in cinque minuti gli parla di sé, del suo struggimento per il mondo, del dolore per le ingiustizie che accadono quotidianamente, del desiderio di studiare per combatterle. Ma… i compagni della sua lista appena si accorgono che questi pensieri l’allontanano dall’impegno elettorale, la richiamano perché la vogliono subito pronta a ributtarsi nel lavoro e lei dice: «Ogni tanto ho solo il bisogno di respirare e forse essere se stessi non è poi così conveniente». Alla fine aggiunge: «Ogni volta che parlo con voi, passo la giornata a ripensare a quello che mi avete detto. Voi di Obiettivo Studenti siete così umani!».

Tutte le paranoie e il risentimento sui numeri vengono spazzate via, perché al mondo non servono cento soldati a caccia di voti, bastano tre amici certi di quello che vivono per incontrare tutti perché qualcosa di vero si comunichi anche a chi all’inizio aveva – forse senza neanche rendersene conto - solo un preconcetto negativo. Dopo averla ascoltata, Alessandro la invita ad andare con lui in caritativa. Lei dice subito di sì, senza chiedere particolari informazioni. Sembra incredibile.

Le giornate successive hanno la faccia e gli occhi di questa amica, di questo incontro che rende così chiaro il perché stiamo in università. Arrivano anche gli amici di Milano ad aiutarci, tra Statale e Cattolica sono in sedici. Non ci conoscono, eppure spendono tre giorni per stare con noi.
E così si entra nel vivo della settimana. Incontri inaspettati e stupendi si susseguono. Come con una studentessa iraniana che non crede nella politica, cinica come poche. Parliamo per mezz’ora di lei, della sua vita, e alla fine dice: «Mi avete ridato fiducia nella politica, anche solo per come siete». Oppure un ragazzo che esclama: «Sono due anni che sto qui, ma siete i primi a venire da me». Potrei continuare…

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Le elezioni finiscono e arriva anche un grande risultato: due anni fa avevamo due rappresentanti nelle facoltà, ora undici.
Su Instagram l’amica della lista di sinistra scrive: «Oggi ho vinto tanto, tantissimo, più di qualsiasi elezione, perché hanno vinto l’umanità, l’amicizia e il bene da cui sono circondata. Forse sto imparando cosa cambia il mondo: la gente con questo cuore».
È stato evidente un fatto: io e lei non abbiamo niente in comune, tranne che a fine giornata entrambi poggiando la testa sul cuscino vogliamo essere felici, cioè, abbiamo in comune il cuore. Su questo posso incontrare tutti. Quando non si dipende da ideologie o pensieri astratti, ma da altro - un Altro! - la gente se ne accorge.
Federico, Roma