La vacanza studio dei ragazzi siciliani

Il compito tra i compiti

Un centinaio di liceali siciliani alle pendici dell'Etna per una vacanza studio, tra lezioni di "esperti" in varie materie, pomeriggi sui libri, dialoghi e serate

«Sono stupito!». Sono le parole con le quali Giuseppe, quindici anni, sintetizza l’esperienza vissuta con un centinaio di studenti delle superiori e alcuni insegnanti della Sicilia, sulle pendici dell’Etna per una vacanza-studio. Cosa ha destato in lui la meraviglia? «Non so spiegarmi come a scuola non sono riuscito a capire quello che qui ho imparato da una prof che mi ha aiutato gratuitamente». Non accade spesso che dei ragazzi si accorgano della presenza positiva degli adulti. Cosa li ha “tenuti” insieme? Lo studio, certo, ma dentro il bisogno o il “dovere” di studiare, un’altra questione affiora. Le dà voce Lucia: «Io, sempre incastrata tra il dover studiare sette ore di fila per avere un buon risultato e il desiderio di fregarmene per vivere la vita, sono venuta alla vacanza per una domanda: possibile che per essere felice io debba essere schiava del voto?».

La questione è stata messa a fuoco da Alfonso all’inizio della convivenza: «Ragazzi, qual è il motivo per cui si studia? La possibilità di trovare un lavoro e un posto nel mondo dipende dal fatto che ognuno di voi, alla fine di questi anni, sappia rispondere un po’ di più a questa domanda: “Io chi sono? Che senso ha la mia vita? Quale è il mio compito?”. Infatti, se in tutto quello che faccio non ho lo scopo di conoscere chi sono, l’azione che compio è in fondo una forma di schiavitù».

Momenti salienti sono state le quattro lezioni-testimonianza di amici insegnanti. La prima è stata della professoressa Mariagrazia La Spina, docente di Lettere di un liceo di Catania, invitata da un alunno che, colpito dal suo modo di insegnare, ha desiderato andare più a fondo nel rapporto con lei e le ha chiesto di rispondere alla domanda: «Perché studiare la letteratura e perché leggere?». Il secondo incontro ha avuto come protagonista Aldo Bonomo, ricercatore dell’Istituto Nazionale di Astrofisica di Torino, che ha mostrato il sorgere inevitabile delle domande metafisiche davanti alle scoperte della scienza. Mario Tamburino, professore di Inglese, ha offerto una lezione in lingua sul tema dell’amore attraverso le parole di Shakespeare, dei Pearl Jam e di Oscar Wilde. Infine, un’affascinante lezione su “La filosofia e l’umano” tenuta dal professor Matteo Negro dell’Università di Catania, ha introdotto alla meraviglia di una conoscenza in cui le cose, nell’incontro con la libertà e l’intelligenza dell’uomo «non rimangono uguali, ma si rinnovano, rendendosi segni propri di un tracciato originale, mai battuto prima. Nell’esperienza della conoscenza il mondo trova continuamente il suo inizio, viene alla luce nella temporalità del soggetto».

E poi i dialoghi, il film e la serata con i canti di Adriana Mascagni, Antonio Anastasio e degli Imagine Dragons, che hanno svelato qualcosa di quel cuore che sempre dialoga con il Tu misterioso che sta al fondo del reale. E ancora i frizzi e le risate… Ha detto Federica: «Questa vacanza è stata un bene per me!». E Carlo: «Non so come ringraziare gli adulti per la cura nei nostri confronti». Anche nell’intervento di Lucia è ritornata la parola “cura”: «Mi sono presa cura di me. Perché, oggettivamente, qui ci sono persone che si prendono a cuore la mia persona!».

La conclusione di Angelo, di Castellammare, contiene l’ironia di un epigramma di Wilde: «A me non piace studiare. Ma ho studiato inglese con una prof. Ho scoperto che i prof non sanno tutto. Io infatti non sapevo l’inglese, ma la lezione era di chimica in inglese e così ho dovuto spiegare a lei la chimica… Il tempo dello studio è volato. Alla fine ho studiato, ma sono felice!». Nel salutarsi Alfonso ha dissolto ogni sentimentalismo e qualsiasi tentazione di nostalgia: «La festa sta per cominciare», ha detto, riprendendo le parole di un canto divenuto caro in questi giorni e sfidando a guardare in avanti. Una festa che può fare irruzione attraverso ciascuno di noi tra i banchi delle nostre classi.

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Qualche giorno dopo, una ragazza ha scritto a un professore: «Oggi ho avuto il compito di matematica. Parto dicendoti che penso di aver fatto la maggior parte delle operazioni in modo corretto e il che già mi porta soddisfazione. Però, ciò che mi ha sorpreso veramente è tutt’altro. È da tanto che non studiavo matematica come avrei dovuto fare, e devo dire che grazie a te e alla convivenza ho riscoperto un nuovo modo di studiare anche ciò che non mi piace molto. Me ne sono accorta oggi durante il compito, ma soprattutto nei giorni scorsi, svolgendo degli esercizi di ripasso. Senza volerlo, la mia attenzione nei confronti della materia è cambiata radicalmente. Non è più qualcosa da fare perché si deve, ma qualcosa che in qualche modo mi dà soddisfazione, proprio perché riconosco che aggiunge un di più a me come persona. Perciò grazie per avermi aiutato a studiare, che un po’ vuol dire anche crescere».
Mario e Cinzia, Palermo