Monica, a sinistra, con Danubjana

Genova. Il dono di Danubjana

L'incontro con una donna malata e la sua famiglia. Gli aiuti, l'amicizia e un movimento di popolo che la accompagna fino all'ultimo respiro. «Gesù ci ha presi così, attraverso il volto di quella ragazza». Il racconto di Monica

A maggio un mio amico mi chiede se posso aiutare Danubjana, 35 anni, albanese, malata di tumore, trasferita a Genova con la famiglia. Rispondo di sì e mi viene dato il contatto di una sua amica, Teresa, anche lei albanese, che mi spiega che abitando a Parma cercava qualcuno che potesse conoscere la sua amica e la sua famiglia.

Con mio marito ci attiviamo e li aiutiamo a traslocare in un alloggio vicino a casa nostra. Danubjana fin da subito si rivela speciale, sempre grata e attenta e con una tenerezza infinita verso suo marito Erdis e le figlie: Aisel di sei anni ed Helois di tre. I bisogni sono tanti, ma c’è soprattutto il desiderio di non essere soli. Chiediamo aiuto agli amici del Banco di Solidarietà per fargli avere il pacco alimentare, cercare giochi e vestiti per le bimbe e così via. Ogni giorno e ogni visita diventa sempre più un legame stretto e confidenziale.

Racconto ai miei amici di lei e della sua famiglia e capisco che qualcosa è cambiato in me. Inizia una compagnia discreta, di pomeriggi ai giardini con alcune famiglie con i bimbi dove lei racconta le sue fatiche, la sua sofferenza, ma anche la speranza di cui è piena. Le telefonate con la sua amica Teresa si susseguono, attraverso Danubjana sperimentiamo un amore, una certezza e un legame sempre più inaspettato. Ogni piccolo gesto è preferito per lei, dentro un bene che cresce sempre di più. Mio marito Franco si accorge che Erdis fa fatica perché sta sempre con le bimbe e non vede sua moglie migliorare e lo invita, una volta alla settimana, a giocare a calcio con alcuni amici. La mia amica Dana accompagna Aisel ogni giovedì all’aiuto allo studio con i Cavalieri e i ragazzi delle medie le vogliono bene da subito stando con lei. C’è un popolo che, in punta di piedi, si muove attorno a loro: Laura e Giovanni vanno a farle visita a casa; suor Rosalia, che ho contattato telefonicamente senza conoscere, accoglie Helois all’asilo senza voler la retta pagata. La Provvidenza ci accompagna.

A gennaio, Danubjana peggiora. Non ha più forze, ma continua a sperare. Un giorno dice a Teresa: «Non so dare un nome a questo bene che ho incontrato con Monica e Franco, ma so che ce l’ha». Ogni giorno mi chiede di pregare per lei e io le rispondo di sì, sapendo che molti amici la stanno accompagnando nello stesso modo. Durante gli ultimi giorni di ricovero arrivano i genitori dall’Albania. Mio marito, mio figlio e gli amici li portano in macchina dall’ospedale a casa e il papà ci dice: «Grazie per ogni attimo di felicità che i vostri volti hanno regalato a mia figlia e alla sua famiglia». Mi commuovo nel guardare quest’uomo sofferente che da subito si accorge di quello che c’è. Il nostro amico Francesco, medico nel reparto dove Danubjana è ricoverata, rende quegli ultimi giorni preziosi e preferiti. La sera, finito il turno, lui, Cristina, Pietro e Xavier tornano per stare con Erdis, il marito, fino a notte tarda. E io guardandoli capisco che il male e il dolore non sono più forti di quello che sta accadendo.

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Venerdì Danubiana sale al cielo, il dolore è grande. Abbraccio il marito che mi dice: «Io sono musulmano ma so che lei è in Paradiso». Al Rosario ci ritroviamo con tutti gli amici che anche per poco l’hanno accompagnata. Erdis e il fratello di Danubjana, Francesco, seguono le preghiere con attenzione e abbracciano uno a uno tutti gli amici. Ad un certo punto vedo una ragazza, la maestra di Helois, che mi sembra di conoscere. Le vado incontro e chiedo: «Ma sei Elisa?». Lei mi risponde: «Sì». C’eravamo conosciute alla Colletta Alimentare cinque anni prima. Ci abbracciamo, nulla è perso. Teresa mi vede e in lacrime mi dice: «Che grande cosa ci è capitata, a me e a te: che regalo ci è stato fatto!». Sì, il Signore ha deciso di venirci incontro con il volto di questa ragazza, di suo marito, delle sue figlie e dei suoi familiari. Ci ha presi così. Penso alle ultime parole di Danubjana: «Ti voglio bene, Monica». Sì, anche io, per sempre, perché “per sempre” è quello che il mio cuore chiede adesso, il miracolo di un presente che attraverso Lui chiama e salva me.
Monica, Genova