Gli Esercizi della Fraternità a Rimini (Foto: Roberto Masi/Fraternità di CL)

Fraternità. «Perché siamo ancora qui?»

L'attesa, l'attenzione e la commozione al ritorno. Quattro testimonianze dagli Esercizi spirituali della Fraternità di CL, predicati da padre Mauro Giuseppe Lepori

L'albergatrice di Loano
Sono stata a Loano per seguire gli Esercizi della Fraternità e, facendo parte della segreteria della mia comunità, mi era stato chiesto di dare una mano nei rapporti con l’hotel. Domenica mattina, ultimo giorno, durante la colazione con le mie compagne di stanza, Loredana, l’albergatrice con cui avevamo subito legato, ci ha fermate perché desiderava ringraziarci. Ci teneva, ci ha detto, non solo perché eravamo stati “educati”, ma perché era stupita di aver trovato un gruppo di persone che, seppur non conoscendosi bene tutti, si vedeva che eravamo amici. In particolare, secondo lei avevamo «qualcosa da dare». Non capivo cosa intendesse visto che non avevamo fatto nulla di eccezionale… Di cosa stava parlando? Ci ha spiegato che in hotel hanno visto passare molte persone, ma spesso vuote. In noi, invece, aveva visto allegria, compagnia, unità. E questo per lei era «qualcosa da dare», oltre che essere bello da vedere: «E questo non capita spesso». Non lo diceva per farsi pubblicità o per una forma di cortesia, ma perché era sorpresa di essersi trovata bene con noi e con la nostra compagnia.
Al termine della messa, con gli altri della comunità abbiamo pensato di fare dei doni per ringraziare chi ci ha ospitato, chi ha celebrato messa, chi ha avuto uno sguardo su di noi, donandoci la sua disponibilità. Così ci siamo presentate da Loredana con dei fiori, con il Tracce di aprile e il Volantone di Pasqua. Lei sorridendo ci ha ringraziato ancora, chiedendo dove può continuare a seguirci. Si è commossa, mi ha chiesto di potermi scrivere, di avere il mio numero… Ci ha accompagnati fino all’ultimo, fin sul marciapiede. Facendoci promettere di tornare.
Giulia, Milano

Per uno zaino dimenticato
Venerdì mattina sono frettolosamente uscita di casa, mi attendeva una mezza giornata di lavoro e poi la partenza per Rimini, con l’appuntamento per le prove del coro. Ma ormai in autostrada ho un sobbalzo: realizzo di aver dimenticato a casa lo zaino con tutte le musiche del coro previste per quei giorni. Avevo preparato tutto con cura, e non avevo più nulla. Mi arrabbio moltissimo con me stessa e dico ai miei compagni di viaggio, con una battuta mezza amara: «La ragione per cui sto andando a Rimini, me la sono dimenticata a casa!». Uno di loro ribatte di schianto: «Dovrai allora chiederti per quale altra ragione stai andando a Rimini». Una battuta, la sua, che mi rimane come un pungolo fastidioso, perché la questione per me era ridotta al fatto che non ero stata attenta alle mie cose.
La sera, l’Introduzione: subito Davide Prosperi parte con la stessa domanda che mi pungolava, «perché siamo ancora qui?». E poi padre Lepori rincara la dose con la domanda di san Bernardo: «Per cosa sei venuto?».
Essermi sentita rivolgere la stessa identica e fastidiosa domanda tre volte nel giro di poche ore ha fatto scattare in me una serratura, come se si fosse aperto qualcosa, e ho iniziato ad attendere di scoprire cosa mi sarebbe venuto incontro. È stato grazie a questo scatto che ho iniziato a godere di tutto e a vedere che ogni cosa mi provocava e mi muoveva, perché la preoccupazione di Paolo per la fede di Timoteo è anche la preoccupazione che il mio fuoco non cessi di ardere; l’attesa di Simeone e la sua sete di salvezza sono esattamente quelle che vivo anche io.
Ma è stato l’inghippo dello zaino dimenticato che ha dato inizio a tutto questo e per me sono stati giorni di grazia.
Mi sono anche ritrovata colma di gratitudine per la nostra stessa compagnia, per tre ragioni. Innanzitutto perché questa compagnia di amici sostiene il mio cammino e il mio compito, nonostante i miei limiti: sono bastate un paio di telefonate e per intrecci che reputavo impensabili il mio zainetto è arrivato in Fiera venerdì sera.
In secondo luogo, questa compagnia di amici mi aiuta ad illuminare la mia posizione umana, rendendola più vera, perché grazie a quelle domande così incalzanti lo zainetto non è più rimasto l’orizzonte del mio weekend, ma quella circostanza è stata l’occasione per un passo mio di consapevolezza.
Terzo: capisco anche che la nostra compagnia non è speciale perché c’è gente in gamba, ma mi commuove perché, nonostante i limiti, ha nella sua natura l’essere segno di una Bellezza che è più grande; esiste perché, in queste umanità mosse e commosse, riaccade la Presenza di Cristo.
Elena, Milano

LEGGI ANCHE: Farrell: «Il fondamento della nostra fede è un fatto: Cristo risorto!»

La posizione giusta
Al ritorno dagli Esercizi spirituali della Fraternità, appena entrata in cortile, la mia vicina esce sul balcone e mi chiede di pregare tanto per suo marito che dovrà subire un importante intervento chirurgico. Io le rispondo di stare tranquilla, che lo farò. Lei replica: «Ti ho aspettato, perché con te vado sul sicuro». Le ho sorriso, ma in realtà mi veniva da piangere. Ero profondamente commossa: non ero neppure entrata in casa che già Gesù era lì che mi aspettava. Avevo ancora negli occhi e nel cuore la vicenda del centurione, nella sua giusta posizione tra il suo servo e Gesù e, inaspettatamente, mi ci ritrovavo.
Ho riconosciuto, mentre mi saliva dal cuore, una domanda che non mi è mai stata così limpida e chiara: «Gesù, dammi la stessa fede che ha avuto il centurione, fammi capace di fissare i miei occhi sui Tuoi; tu sai quanto bene voglio ai miei vicini di casa e loro sanno che io mi fido di Te. Avvenga ciò che vuoi, sarà senz’altro il Bene per loro e per me». Ciò che mi è stato annunciato agli Esercizi mi sta aiutando a sgomberare il cuore da ciò che lo affanna e a spalancarlo a Colui che solo può dargli il battito giusto, la posizione giusta. Non è forse per questo che ci chiamiamo “Comunione e Liberazione”? Io sono sempre più grata alla storia che mi ha presa e vorrei che raggiungesse tutti.
Angela, Cassano Magnago (Varese)

In ritardo
Lungo la strada verso gli Esercizi - che quest’anno, noi di Roma e del Lazio, avremmo seguito a Fiuggi - sentivo un senso di colpa e di dispiacere. Era sabato mattina e mi ero persa il venerdì sera. Certo, il ritardo per assistere allo spettacolo di mio figlio era più che giustificato: il mio dovere di mamma era di assistere al frutto delle sue fatiche e la serata era stata bellissima e commovente. Ma gli Esercizi erano iniziati ed io non c’ero… Arrivata al Palacongressi di Fiuggi, man mano che ascoltavo, che guardavo, che mi lasciavo penetrare dalle parole di padre Lepori e dal loro significato, sempre di più mi accorgevo che agli Esercizi non ero arrivata in ritardo, che gli Esercizi, e cioè l’entrare sempre più a fondo nella realtà e quindi nella scoperta dell’amore di Dio alla mia vita, erano iniziati già a guardare mio figlio recitare a teatro. Quella realtà non era altro dai miei amici, non era in contrapposizione a loro. Era abbracciata, era salvata da Cristo che amandomi mi univa a loro, creando quell’unità di cui parlava Lepori. La stessa unità che ho visto in Cristina che mi aspettava per darmi il pass. O in Sonia che mi chiedeva quando sarei arrivata. E in Pia che mi raccontava la lezione del venerdì sera... Davvero tutto diventa occasione per conoscere ed amare Cristo
Federica, Roma