A "lezione di metodo", con la voce di Giussani
Elisabetta è un'insegnante in pensione. Dopo l'incontro con Portofranco, la scoperta del podcast "Il senso religioso", qualcosa di «affascinante» e «fondamentale» per giovani e adulti di ogni tempoIl mio incontro con Portofranco (l’aiuto allo studio per i ragazzi delle superiori, ndr) nasce negli anni successivi al pensionamento, avvenuto nel 2010, dopo aver soddisfatto il bisogno naturale di non dipendere più da un orologio né di programmare in anticipo gli impegni ed i doveri verso la famiglia, conciliandoli con riunioni, correzioni di compiti, corsi di recupero per alunni in difficoltà, aggiornamento costante per cercare di instillare nella mente dei giovani il piacere della conoscenza e la curiosità della scoperta. Ma, una volta soddisfatto il bisogno di libertà, ecco che con il passare del tempo, avverti uno strano senso d’insoddisfazione, come se ti mancasse qualcosa e, al tempo stesso, ti accorgi che ti mancano i ragazzi. La loro vivacità, la loro inesperienza, a volte buffa, la loro successiva maturazione, attraverso non solo un cambiamento fisico, ma anche un atteggiamento più posato, uno sguardo più consapevole alla luce del fatto che il futuro sta diventando sempre più presente.
Un’assunzione, questa, di responsabilità a cui anche la scuola contribuisce attraverso il rigore delle discipline, l’imprescindibile serietà dell’impegno non più finalizzato solo a se stesso. Un metodo di studio che diventerà un metodo di lettura della vita. Non ho pertanto mai dimenticato questa lezione di vita, nata tra i banchi e consolidata dall’esperienza sul campo ed ho sempre creduto che la scuola sia un volano per la vita dei nostri giovani, deputata ad azzerare le differenze sociali attraverso l’offerta di un patrimonio nozionistico e culturale uguale per tutti, che ciascun discente elaborerà in modo proporzionale alle proprie tendenze ed alla propria sensibilità. Mi mancava il mio lavoro, mi mancava il rapporto con i giovani, come anche quelle emozioni, legate all’insegnamento, che negli anni erano state la forza per affrontare tante difficoltà. Mi sono sempre ritenuta, in tal senso, fortunata!
E così una mattina, dopo aver meditato a lungo, decido di chiedere a un'amica parrucchiera, proprietaria di un salone, se per caso conosce un’associazione di volontariato per aiutare nello studio dei giovani. E così mi viene presentata Maria Pia, che già col suo aspetto mi rincuora nella scelta che ho osato azzardare. Da quel giorno, lavoro accanto a ragazzi come Giovanni, che ha spiccato il volo, trovando la sua strada.
Tante volte nella mia vita mi è tornata in mente la figura di don Milani, il cui libro Lettera ad una professoressa nel 1964-1965 ha accompagnato e consolato la mia vita di studentessa di un liceo fiorentino, in cui la mortificazione e la solitudine erano le compagne più fedeli della mia giornata e della mia adolescenza. Un libro per me importante come la figura di don Giussani ne Il senso religioso, scoperto nella sua integrità solo poche settimane fa.
Come sono arrivata a lui sa di strano e di fatale! Un pomeriggio, ricevo un messaggio da Luciano, il responsabile di Portofranco, che mi invita alla presentazione a Padova de Il senso religioso con la prefazione di Bergoglio. Invito che devo disattendere per precedenti impegni. Il giorno successivo, mentre mi trovo davanti ad un’edicola ad attendere il mio turno per l’acquisto del quotidiano, avendo davanti a me un signore con il giornale aperto, lo sguardo mi si posa sul titolo grande, ben in evidenza “Don Gius è risorto, vale la pena ascoltarlo”.
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La mia curiosità è subito soddisfatta da Luciano, che mi invia il podcast di Giussani. Così scopro una voce portentosa, ben ferma come garanzia della veridicità dei suoi pensieri e delle sue certezze. Ma, soprattutto, una lezione meravigliosa di metodo, di approccio alla vita, dedicato ai giovani, a cui don Giussani “raccomanda” di tenersi lontano dall’«alienazione» di pensieri e scelte non propri come anche dal «pensiero unico», nemico della libertà, e dal «fanatismo ideologico» e di non cessare mai di anteporre a tutto questo l’osservazione del reale, coinvolgendo il cuore e la mente nel processo conoscitivo. Senza però tralasciare il passaggio prioritario: indagare nelle sfere più intime della propria anima per conoscere se stessi. Questo significa due momenti bellissimi: non ci si può relazionare all’altro se non si conosce se stessi; non si può vivere in una comunità senza aver maturato il senso critico, fondamentale nella vita.
Elisabetta, Padova