Croci di vetta. «Un oltre che ci chiama»

Da sempre il movimento propone vacanze in montagna «perché è un'occasione concretissima di educazione alla realtà». Una lettera dagli amici della Compagnia della Cima

In queste settimane i media nazionali si sono interessati alla montagna per via di un dibattito acceso sull'opportunità di mantenere o meno la presenza delle croci in vetta. A prescindere dalla polemica, nata sulla base di informazioni parziali e distorte, ci è sembrato interessante tornare alle radici della nostra attrazione per la bellezza della montagna.
La montagna ci chiama a sé: desideriamo la pace e i silenzi delle “terre alte”, desideriamo immergerci nel contesto naturale, desideriamo salire le cime con gli amici. E quando in un punto panoramico lo sguardo si apre a ciò che è sotto di noi, ci accorgiamo che i contradditori aspetti della vita tendono a ritrovare il loro giusto posto, la loro giusta dimensione. È proprio vero: dall’alto si vede meglio.

Contemplare con stupore i monti lanciati verso il cielo, le vette che non abbiamo scalato e che desideriamo salire fa vibrare il nostro cuore. Un cuore che anela all’ultimo desiderabile di cui non abbiamo ancora la cognizione piena, ma di cui sperimentiamo l’attrattiva. La vita è andare oltre, al di là del nostro limite, per arrivare alla meta, al compimento, alla cima. Quante volte mi è capitato di intercettare le reazioni di studenti dopo una camminata faticosa, la cui colonna sonora era un alternarsi di: «Ma quanto manca?» «Quando ci fermiamo?»: arrivati alla meta li ho visti spostare lo sguardo dalla propria istintività alla realtà intorno a sé ed affermare commossi: «Che bello!» e poi «Grazie!» oppure stare in silenzio pieni di stupore. Un ricordo particolare si è impresso nella mia mente. C’è un belvedere sul Monte Bianco, il Mont Fortin, cui si accede dopo una lunga salita nel Vallone di Chavannes; e lo stavo percorrendo con un gruppo di studenti delle superiori. Improvvisamente, in prossimità della meta, il belvedere si svelò e si impose un silenzio carico di sorpresa e di meraviglia.

Per esperienza so che nella vita del nostro movimento le vacanze sono state e sono una grande occasione educativa, ma anche di incontro con altri che per la prima volta partecipano ad un momento comunitario. Perché in montagna piuttosto che non altrove? Ce lo spiega don Giussani: «La scelta della montagna per le vacanze non è casuale. La sanità dell’ambiente umano, l’imponente bellezza della natura, favoriscono ogni volta il rinnovarsi della domanda sull’essere, sull’ordine, sulla bontà del reale - il reale è la prima provocazione attraverso cui viene destato in noi il senso religioso -. Con la necessaria disciplina, che è sempre stata rigorosamente curata (la disciplina è come l’alveo di un fiume: l’acqua vi scorre più pura, più limpida, più rapida; la disciplina è necessaria in quanto è riconosciuto un senso a tutto), le vacanze in montagna si sono proposte all’esperienza delle persone come una profezia, sia pur fugace, della promessa cristiana di compimento, come un piccolo anticipo di paradiso, e ogni particolare doveva veicolare quella promessa e realizzare quell'anticipo». (Luigi Giussani, L’avvenimento cristiano: Uomo Chiesa Mondo, BUR, 2003).

La montagna ha per molti, sia nella tradizione italiana sia in altre, un significato profondo, religioso: è il luogo dell’ascensione, dell’ascesi. Basti pensare alla salita della montagna del Purgatorio per Dante. Il poeta non procede solitario, ma accompagnato dalla sua guida. Salita, ascesi, cima, cielo, paradiso: tutte parole che non “chiudono” ma che aprono ad un oltre, ad una domanda. Ho avuto la grazia di guardare più volte la realtà dall’alto, di osservare i compagni di ascensione ed anche me stesso non pensando ad una conquista, ma conquistato dalla bellezza, pieno di una domanda a Colui che sta facendo tutta la realtà e che fa anche me.
Ed allora, tornando per un attimo sulla discussione che riguarda le croci di vetta, posso affermare che per me sono state un aiuto sia durante la salita, perché indicano la meta, sia all’arrivo perché ci ricordano di ringraziare (non è mai scontato arrivare, soprattutto se la via è impegnativa).

LEGGI ANCHE- Meeting di Rimini. Le mostre 2023

Così non posso pensare al Cervino senza avere negli occhi la croce piantata lassù. Che gratitudine arrivare lì! Che dono mettersi in sicurezza assicurandosi alla croce e ringraziare chi l’ha messa, quindi ricordarsi del nostro amico don Luigi Maquignaz che ha scalato il Cervino innumerevoli volte e lì ha celebrato, in occasione del centenario dell’Unità d’Italia nel 1961, la Santa Messa “nella più bella cattedrale del mondo”, come gli disse Giovanni Paolo II. È lo stesso don Luigi che, dialogando con Giacomo Sado, in un libro intervista, afferma: «Raggiunta la mitica Aiguille Noire de Peuterey (nel Massiccio del Monte Bianco), la maestosa grandiosità dell’ambiente circostante è uno spettacolo mozzafiato. Quel giorno provai quasi una sensazione di capogiro. Mi sentii piccolo come una formica e provai proprio l’impressione di essere abbracciato dalle montagne. Una scalata può davvero essere la metafora della vita. E la montagna, il modo per noi di manifestarsi dell’Assoluto».

Sicuramente uno dei momenti fondamentali delle nostre vacanze, ricche di incontri, giochi, momenti di convivenza, sono le camminate in montagna. Anch’io mi sono appassionato alla montagna da ragazzo nelle gite fatte con Gioventù Studentesca; ho continuato poi ad andare in montagna, anche con i miei amici più giovani. Con loro ho compreso di più come la nostra impostazione educativa valorizzi il gesto concreto: esso è tale se porta in sé le ragioni del proprio essere. Così la gita è un’occasione concretissima per capire alcuni aspetti fondamentali nella vita, ad esempio perché vale la pena seguire. Si segue una guida che conosce la via, perché si vuole arrivare alla meta; si segue il suo passo perché aiuta tutti a salire. Tu potresti salire più velocemente di altri, ma stai in fila con tutta la ricchezza del tuo io, aiuti gli altri… e ci guadagni.
Anche per questo mi permetto di suggerire la consultazione del nostro sito, dove alcuni aspetti toccati in questa lettera sono maggiormente approfonditi. Soprattutto ricordo l’appuntamento del Meeting di Rimini 2023, dove potremo incontrarci alla mostra: “La Compagnia della Cima”.

Roberto Gardino e gli amici della Compagnia della Cima