La giornata d'inizio anno di GS Marche

Senigallia. A scuola di cuore

La giornata d'inizio anno per 150 giessini delle Marche. L'organizzazione della comunità locale, i giochi, l'assemblea, il pranzo insieme... E le parole di una mamma, davanti alla figlia cambiata da quello che vive

La Giornata d'inizio anno di Gioventù Studentesca delle Marche è stata inaugurata dal sole di una mattina ancora estiva in un bel prato di Senigallia. Un gruppetto di ragazzi e adulti ha atteso con dei canti i loro 150 amici, per cui avevamo preparato splendidi giochi sul tema proposto. Come un cartellone che iniziava con la frase: «Se tu sapessi…», che ogni gruppo doveva completare in modo originale; o una corsa ad ostacoli che terminava con un cuore di carta da riempire con dei piselli, traghettati da instabili cucchiai tenuti in bocca.

L’esperienza di essere guardati e trattati in modo unico è continuata con il pranzo, occasione per conoscere meglio sia gli amici venuti la prima volta che quelli arrivati da lontano. Persone così diverse, in alcuni casi estranee, perché stanno bene insieme? Anche gli adulti della comunità ospitante, predisponendo una staffetta di auto per gli spostamenti e una tavola di dolci fatti in casa, hanno fatto sentire ognuno speciale.

L’incontro del pomeriggio ha dato un nome a questa bellezza: la lezione, resa viva dai contributi di studenti e adulti così come dai canti del coro, si è aperta con la domanda di una ragazza che, di fronte alla professoressa che leggeva la prima lettera di Seneca a Lucilio sul tempo, si è domandata: «E io? La vivo la mia vita o passo solo il tempo a fare altro? Faccio tantissime cose, belle e senza dubbio uniche, ho sempre le giornate piene, ma mi soffermo veramente a vivere?». È il nostro cuore che esplode e che niente può mettere a tacere. Di questo racconta un’insegnante che una mattina, invece di leggere l’Iliade, come aveva deciso, ascolta “l’io in guerra” dei suoi alunni, cuori che gridano il loro esserci nella storia: un’Iliade fatta di carne e sangue. Poi, un professore delle medie racconta un altro fatto: un suo alunno, che dice di «non avere uno scopo, di non essere nessuno» e per questo si rappresenta come uno scarabocchio. Ma di fronte allo sguardo pieno di attenzione del suo insegnante che gli chiede di «dare una forma allo scopo», rischia e prova a disegnarlo come una porta con una luce. La ragione si spalanca solo di fronte ad uno sguardo che l’abbraccia: l’apertura non me la do io, me la dona chi mi ama.

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È quello che testimonia un’altra ragazza: «Mi sento davvero grata per tutte le cose belle che vivo, ma sento allo stesso tempo una grande mancanza che mi fa sentire sbagliata. Però una mia amica mi ha fatto rendere conto che questo desiderio non è assolutamente una cosa negativa, è un mezzo che mi porterà a riconoscere tanta altra bellezza nella vita». Ecco che pian piano, dentro questa compagnia, fatta di volti precisi, inizia ad emergere il mio vero volto, il mio vero valore, che non è la mia performance. Così una mamma definisce la Scuola di comunità, vedendo come la figlia torna contenta ogni settimana: «È una scuola di cuore: ti aiuta a capire chi sei e a conoscerti».
Paola, Pesaro