Tindari, la Giornata d'inizio anno di GS Sicilia

Sicilia. «Vogliamo essere reali»

Un altro racconto della vita di Gioventù Studentesca. È la volta dei ragazzi siciliani, che hanno organizzato la Giornata d'inizio anno il 29 ottobre, al Santuario di Tindari

Domenica 29 ottobre, Giornata d’inizio anno di GS in Sicilia. In realtà, il 29 ottobre è iniziato prima. La Sicilia è grande, il desiderio di una giornata tutti insieme lo è ancora di più. Scegliamo un posto bellissimo, sul mare, abbastanza centrale da raggiungere: Tindari, dove c’è il Santuario della Madonna nera. Inizia la caccia ai preventivi dei pullman. «Ipotizziamo 120, alle vacanze estive non eravamo neanche 80», dice uno dei responsabili. «Ma saremo molti di più!», risponde di colpo un ragazzo. Alla fine siamo quasi 200. Ragazzi e adulti hanno preparato giochi, canti, alcuni faranno il servizio di accoglienza. Speriamo non piova…

La mattina ci sono 25 gradi e il santuario si staglia in un cielo azzurrissimo. I pullman si svuotano, è una esplosione di gioia e di abbracci. Chissà cosa pensano i ragazzi - e sono tanti - venuti per la prima volta. Si entra nella luminosa cripta del santuario. Alfonso, professore e responsabile di GS, chiede di mollare i cellulari e di ascoltare la musica. Parte il Concerto per violino e orchestra op.61 di Beethoven. La musica lascia spazio a un breve video: è don Giussani sorridente tra i suoi studenti del Berchet, e poi lo scambio di battute con un giornalista al Meeting di Rimini che gli chiede: «Perché l’aspettano?». E lui: «Perché credo in quello che dico».

«Non mi sono mai sentito così inadeguato per il gesto che stiamo compiendo, ma nello stesso tempo in pace, perché Colui che fa, agisce tra di noi è un Altro. Siamo qui oggi perché siamo parte di una storia che non inizia oggi». Alfonso incalza: «Siamo qui in fondo perché vogliamo andare oltre l’apparenza, oltre tutto ciò che sembra dare consistenza alla vita. Un’apparenza che lascia invece la vita con un grande carico di delusione e amarezza». E ancora: «Vogliamo essere reali, non però come l’app BeReal. Da cosa siamo definiti? Ci basta quello che facciamo? Occorre essere leali con questo cuore che grida tutto. Occorre qualcosa fuori di me, un Tu, che non possiamo conoscere a meno che Lui, Cristo, non si faccia carne. Questo è il metodo che ha scelto: ha fatto la Chiesa. Trattenete questo di oggi: Dio ti ama, e ti raggiunge attraverso la compagnia della Chiesa, una compagnia come quella di Gesù con gli apostoli. Oggi come duemila anni fa».

Seguono tre testimonianze. Gaia, un’amica che ci ha conosciuti poco tempo fa aderendo al gesto della caritativa: «È la prima volta che partecipo ad un’esperienza di GS, infatti è da quest’estate che ho iniziato a inserirmi in questo meraviglioso gruppo. E quando dico meraviglioso non è per lusingare o per fare bella impressione, ma perché è stato un incontro che ha cambiato la mia vita in meglio, un incontro che mi ha fatto rinascere. Mi spiego: come ognuno di noi anche per me c’è stato un momento più difficile da affrontare, ma quella difficoltà era amplificata dal cinismo e dall’egoismo della società che mi circondava. E in quel momento mi sono sentita quasi abbandonata, perché pensavo che non ci fosse nessuno con cui poter condividere le domande che mi portavo dentro e in quell’apatia che mi circondava mi sentivo sola, pensavo che non avrei trovato delle persone o meglio un gruppo con cui condividere tutto questo. Invece Qualcuno ha fatto sì che io potessi incontrare voi, potessi entrare in questa compagnia, in questa condivisione di gesti e pensieri che la rendono così bella».

Poi Alessandra: «L’esperienza che più mi ha segnata in questi anni è stata la morte di mio papà a marzo di quest’anno. Forse solo in un’occasione così drammatica sono riuscita a capire una cosa che davo fin troppo per scontata: quanto io sia voluta bene, in particolare dai miei amici di GS che nella sofferenza mi sono stati accanto. Penso di essere riuscita fino ad adesso a stare davanti al dolore proprio grazie a questa compagnia che non mi toglie i problemi, la sofferenza e la tristezza, ma che mi aiuta ad affrontarli. Questa penso sia stata la cosa che più mi ha fatto capire la diversità di questa compagnia, so di aver trovato delle persone vere. Certo non è sempre tutto facile, ma mi sono resa conto come per la prima volta io ho affidato completamente la mia vita e quella di una delle persone più importanti per me, a Qualcuno di più grande».

Mario, professore di Inglese, racconta dell’incontro con un suo insegnante al liceo: «Quell’incontro, in un modo diverso, continua a riappacificarmi con le circostanze. Mi fa guardare con più fiducia alla ribellione di mio figlio, all’inquietudine di mia figlia; con tenerezza e gratitudine a mia moglie e ai miei amici che inspiegabilmente continuano a guardarmi con lo stesso sguardo con cui mi guardò quel professore e che è lo stesso con cui desidero, oggi, guardare i miei alunni».

È il momento di allestire il buffet all’aperto: ognuno ha cucinato qualcosa, torte salate, pasta al forno, arancine e arancini, frittate, polpette, torte e crostate, plumcake. Poi partono i giochi. Una suora che passa per caso sgrana gli occhi. Si avvicina: «Non vedevo una cosa così da cinquant’anni! A Milano lavoravo in parrocchia con i ragazzi di Comunione e Liberazione. Che bello vedere che c’è ancora. Potete darci una mano a Catania?». Inni, quadri viventi, la sfida del calcio balilla con le persone.

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Si va a cantare sotto il santuario, davanti al mare. I pellegrini che escono ed entrano chiedono: «Chi siete?», qualcuno si ferma un po’ di più. «Io sono di Patti», dice una signora e tra le lacrime ci racconta che qualche mese fa suo marito si è suicidato. «Che bellezza, che speranza siete». Francesca, una dei responsabili, si avvicina: lei e il marito della signora erano compagni di scuola. Si scambiano i numeri di telefono. «Questa settimana ci troviamo per la caritativa, poi la Colletta alimentare…». «Verrò!». Infine la messa, poi foto di gruppo, abbracci, ma senza tristezza, perché per tutti è un nuovo inizio. Si torna a casa, con il cuore pieno. «Prof, le parole di stamattina erano come frecce! Grazie della giornata stupenda!».

Lunedì i compagni di classe di due alunni venuti alla Giornata fermano Alfonso. «Prof, perché non ci ha invitato?». Se tu sapessi quanto ti ho aspettato è una esperienza presente.
Cinzia, Palermo