La vacanza di GS delle comunità di Cesena e San Piero in Bagno

Vacanze GS. Tra tante pepite d'oro

Altri racconti dalle convivenze invernali di Gioventù Studentesca. Qui, quelli di alcune comunità romagnole

«Tanti cuori che amano»
Per l’annuale vacanza invernale di Gioventù Studentesca, siamo stati a Napoli e siamo rimasti stupiti dalle “pepite d’oro” che abbiamo scovato in quei quattro giorni. La ripresa quotidiana dei passaggi della testimonianza che Matteo Severgnini, insegnante, per tutti “Seve”, ci aveva fatto alla vacanza estiva ci ha accompagnato nel guardare e scoprire tutto questo. Come lui quando era arrivato in Uganda, anche noi siamo stati accolti da persone che non ci conoscevano, ma che ci hanno fatto sentire a casa: ci hanno ospitato nei locali della scuola Sacro Cuore, per due sere hanno preparato la cena nonostante le cuoche fossero in ferie. È stata una vacanza fatta di volti: Tonino e suo figlio; le cuoche; Giuliana e Massimo, che raccontandoci di Napoli ci hanno fatto scoprire che la città è come il quadro delle Sette opere di misericordia di Caravaggio: al primo impatto non riesci a capire la storia, ti sembrano immagini tutte scollegate tra loro, ma poi comprendi che necessita di essere studiata fino in fondo per comprenderne la bellezza. Achille, insegnante di Filosofia, per due ore, attraverso la musica ci ha mostrato quanto il suo desiderio di conoscere, lo porta ad avere sempre lo stupore in volto. Grazie alla sua testimonianza e alla passione di Giuliana e Massimo siamo andati a scovare le bellezze nascoste, capendo il motivo per cui i napoletani sono così fieri della loro cultura, ricca di pizza, dolci, dialetto napoletano (per loro la lingua mondiale ufficiale) e miracoli.
I romagnoli vengono considerati i "napoletani del Nord", in quanto abbiamo lo stesso istinto ad accogliere e fare sentire a casa gli ospiti. Per questo motivo, dato che eravamo totalmente a nostro agio, ci siamo sentiti liberi di cantare Romagna mia a squarciagola, mentre attraversavamo i Quartieri Spagnoli arrivando fino a piazza del Plebiscito. Solo dopo ci siamo accorti di aver letteralmente bloccato il flusso di turisti fermi ad osservare e filmare. Abbiamo lasciato casa per trovare un’altra casa, un posto di cui avevamo anche un po’ timore e paura, e abbiamo scoperto tanti grandi cuori che amano, e che ci hanno fatto voltare lo sguardo anche sul nostro stare insieme, che non deve essere perfetto, ma avere un’attenzione anche sull’ultimo, il più piccolo.
Anna e Ester, Lugo (Ravenna)

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«Tutto cambia quando ci sei tu»
Val la pena fare tante ore di pullman per raggiungere un luogo sperduto sui monti bergamaschi? È la domanda che prima di partire si erano posti tanti ragazzi, tra cui alcuni miei alunni. E ad essere sincero per il luogo, il lungo viaggio, gli impegni a casa me l’ero posta anche io.
La vacanza dei cento ragazzi di Gioventù Studentesca di Cesena e San Piero in Bagno parte da qui: ha più senso essere anarchici e soli o affidarsi veramente a qualcuno di più grande?
La risposta si impone il primo giorno: la basilica di Santa Maria Maggiore a Bergamo Alta inizia ad aprire gli occhi a tutti. Entrando con alcuni ragazzi del mio gruppetto, guardiamo affascinati gli intarsi del coro che raccontano la storia dell’Antico Testamento: appena riconosciamo le scene, tentiamo di cogliere ogni particolare che qualche artigiano ha intagliato con una precisione e una pazienza meravigliosa.
Il secondo giorno, andiamo a Como per visitare Cometa (realtà di accoglienza, ndr). Paolo ci racconta la storia di come sia nato questo luogo, poi ci porta a visitare la casa e soprattutto la scuola Oliver Twist. Mi fermo a osservare i volti stupiti di ragazzi e adulti, qualcuno inizia a dire: «I banchi e le aule sono bellissimi»; un altro: «Prof, se venissi a vivere e studiare a Como?»; e ancora: «Anche io voglio studiare in un luogo come questo!». Rispondo: «Tutto cambia quando al centro ci sei tu e non un banco o una sedia, la nostra amicizia è per questo». Da quel momento, ogni cosa diventa un richiamo alla ricerca della bellezza. Sulle sponde del lago, mentre ascoltiamo la presentazione dei Promessi sposi, un mio alunno mi dice: «Questo posto è veramente bello, valeva la pena fare le ore di pullman per essere qui». La fatica non è più obiezione.
Il giorno dopo, prendiamo una seggiovia per raggiungere un rifugio in quota. Anche qui la bellezza ci travolge e nella mezz’ora di discesa al freddo qualcuno inizia a cantare e via via altri seguono, con gli sciatori che guardano incuriositi. La presentazione della figura di don Giussani guidata dai ragazzi, i giochi insieme, il silenzio e l’attenzione mi stupiscono: tutti continuano a cercare il bello in ogni gesto proposto. Alla fine, un ragazzo mi dice: «Sarebbe più bello nel nostro gruppetto di Scuola di comunità iniziare con un canto, come abbiamo fatto qui. Io ci sono per dare una mano».
Proponiamo ad alcuni una degustazione di formaggi: cinquanta ragazzi in silenzio ad ascoltare e a seguire curiosi. Dico loro che rischiamo di abituarci a tutto: al cibo, al dolore, anche alla morte, ma quando sentiamo o incontriamo l’eccezionale qualcosa cambia. Gli racconto del miracolo delle Nozze di Cana e che la nostra compagnia insegna a cercare il bello e a gustare tutto. Alla fine, alcuni ragazzi di San Piero chiedono di cenare con Asta, l’adulto che aveva tenuto il gesto con me. Le domande esplodono: «Perché voi siete così? Ma cosa c’entra Dio con tutto questo e con la mia vita?».
Il giorno dopo, l’assemblea con Matteo Severgnini (per tutti “Seve”), è un fiume di interventi anche di chi è venuto la prima volta. Tanti non hanno paura a raccontare le loro fragilità, ma anche di aver visto qualcosa di straordinario in questi giorni e la paura di perderlo al ritorno a casa. Seve continuamente rilancia ad un lavoro: «Tutti dobbiamo chiederci, ma perché a me? Interrogatevi sulla bellezza di Cometa, di Bergamo Alta: ma perché?».
Alcuni ragazzi raccontano l’episodio della seggiovia, Seve rilancia anche su questo: «La seggiovia è come la vita. Chi sono i tuoi piloni? Chi stai seguendo? Per andare dove? A vedere cosa? Qua c’è una compagnia, c’è qualcuno che sempre mi spinge, mi aiuta». In pullman i ragazzi incalzano: «Prof, giochi insieme a noi?», io stremato, loro ancora col desiderio di vivere fino all’ultimo istante della vacanza. Scendendo i gradini del pullman qualcuno già rilancia: «Ci ritroviamo la prossima settimana per continuare a giocare?», oppure: «Ci sei la prossima settimana all’assemblea?». Posso solo rispondere: «Alla grande!». Nel Vangelo letto l’ultimo giorno della vacanza, anche Natanaele era scettico prima di incontrare Gesù, «“Da Nazaret può venire qualcosa di buono?”. Filippo gli rispose: “Vieni e vedi”». Poi incontra Cristo, un incontro straordinario e una promessa: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l’albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste!». Anche noi ci lasciamo con questa promessa.
Domenico, Cesena