L’incontro nello stadio di Bruxelles con la comunità cattolica (Foto: Ansa/Ciro Fusco)

Belgio, un popolo che cerca

La visita del Papa è stata una provocazione, non solo per i cattolici. Ha riaperto domande anche a chi, non credente, ha cantato nel coro ed è rimasto segnato nel profondo

Abbiamo vissuto la visita di Papa Francesco in Belgio con grande attesa, ma anche con notevole ansia, date le difficoltà organizzative. Fino a pochi giorni prima, non era chiaro se e come sarebbe stato possibile partecipare ai vari momenti in programma, in particolare alla Messa della domenica. A ciò si sono poi aggiunte le reazioni, prevenute, della stampa e di parte della società civile ad alcune parole e gesti del Santo Padre; quasi a voler spegnere l’attesa e il desiderio per questo evento: era dal 1995, infatti, che un Papa non visitava il Paese.

A non perderci nei meandri delle interpretazioni, nostre e altrui, ci ha aiutato la Giornata di inizio anno delle comunità di Belgio e Olanda, tenutasi vicino a Bruxelles il sabato prima della Messa con il Papa. L’episodio dell’incontro di Gesù con la Samaritana ci ha aiutato a comprendere e a giudicare l’esperienza fatta il giorno dopo: l’incontro con una Presenza che – come ha detto Francesco all’inizio della visita – «offre alle persone, alle famiglie, alle società e alle Nazioni una speranza antica e sempre nuova; una presenza che aiuta tutti ad affrontare le sfide e le prove, senza facili entusiasmi né cupi pessimismi, ma con la certezza che l’essere umano, amato da Dio, ha una vocazione eterna di pace e di bene e non è destinato alla dissoluzione e al nulla».

Quanto segue è la testimonianza di alcuni nostri amici, ciascuno secondo il contesto e il punto del cammino in cui si è trovato, di questo incontro con la Presenza di cui il Papa è stato portatore fra noi.

Marco, dottorando, ha potuto partecipare all’incontro di sabato con gli studenti, nell’Aula magna dell’Université Catholique de Louvain. È rimasto commosso vedendo «un uomo che ha saputo unire una capacità di abbracciare e valorizzare le persone, anche con opinioni o sensibilità molto diverse dalle sue, con una chiarezza di giudizio che non ha lasciato spazio alle interpretazioni. Di fronte ai temi trattati – l’ecologia, il ruolo della donna, il come, perché e per chi studiare – il Papa ha risposto con fermezza e benevolenza, più volte valorizzando chiunque avesse letto la lettera e le domande preparate dagli studenti. Sorridendo, perché non c’è mai stato nel suo sguardo alcun accento di rimprovero o disapprovazione: al contrario! Io che sono andato per sostenerlo e dirgli di farsi coraggio in un contesto non più cattolico, in realtà sono stato ribaltato da un uomo che è una scuola di apertura e di dialogo».

Davide si è svegliato alle 5 per prendere il tram verso lo stadio dove è stata celebrata la Messa ed è stato colpito dai volti felici degli amici che, fermata dopo fermata, sono saliti, facendo, ogni volta, un nuovo selfie per immortalare tutti. «Mi sono sorpreso pensando che è una metafora vivente della dinamica della nostra compagnia: a ogni passo della vita si aggiunge qualcuno per andare verso il Destino. Che cosa ci ha mosso? La domanda si è moltiplicata nelle quasi tre ore di attesa per entrare, in mezzo a gente di tutti i tipi, e poi vedendo le tribune piene e rumoreggianti di persone felici, nonostante i possibili pregiudizi (anche gravi e basati su motivi reali, come la questione degli abusi). Ho visto per la prima volta la Chiesa belga come un popolo che, per quanto piccolo, era lì innanzitutto per vedere quell'uomo di 87 anni in sedia a rotelle, come si è capito dall’ovazione quando è entrato il Papa, e vivere la Messa con lui, come si è visto dal modo con cui la gente ha partecipato. Cosa hanno atteso? Che cosa hanno visto queste 35mila persone? Cosa ha reso possibile questo entusiasmo, riconosciuto persino dalla stampa seppur a margine delle critiche? Lo stesso entusiasmo che ho riconosciuto anche in me e negli amici e che ci ha accompagnati fino al ritorno a casa».

Antonella, uscendo dalla Messa, si è riscoperta unita a un’anziana signora belga conosciuta casualmente tra la folla. «Un incontro bellissimo dove abbiamo iniziato a parlare di noi, della difficoltà di educare nella fede i figli in un Paese secolarizzato. Del fatto che lei è cresciuta in un contesto parrocchiale molto bello, che i figli invece non hanno vissuto, motivo per cui si sono allontanati dalla Chiesa. Entrambe abbiamo riconosciuto che c’è bisogno di un luogo dove fare esperienza della fede. Ho visto in lei la stessa certezza del fatto che abbiamo incontrato Cristo e che la Chiesa è un luogo in cui siamo continuamente educate a riconoscerLo. Alla fine, ci siamo promesse, con una letizia visibile, di pregare l’una per l’altra».

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Milena, infine, che ha cantato alla Messa con il coro universitario dell’Università Cattolica di Lovanio, formato da studenti di diverse lingue, docenti e personale amministrativo, racconta come le prove hanno richiesto «un impegno di tempo enorme: la domenica ci siamo riuniti dalle 9 alle 19. Ma tutto sempre all’insegna della gioia, anche quando non ce la facevamo più, con i coach che dicevano: “Non bisogna leggere le note, bisogna fare musica, fare bellezza, vogliamo il vostro cuore spalancato”; oppure: “Pensate a che cosa vi sta accadendo”. O ancora: “Affidatevi!”. A chi? La risposta era peraltro quasi sempre diversa tra i coristi... Il giorno della Messa l’emozione è stata indescrivibile: un mix di gioia incontenibile per il fatto di esserci, consapevolezza di qualcosa di grande che accade per noi e il desiderio che la nostra musica potesse aiutare chiunque a vivere a fondo la totalità dell’evento».

«Dopo la Messa – prosegue Milena –, ho chiesto a uno dei coordinatori del coro che cosa lo avesse reso felice. Ha immediatamente premesso che di non essere credente – che inizio! – ma è venuto a cantare perché l’anima cerca, pur non sapendo che cosa e non volendo dare nomi o "etichette" all'eventuale risposta. Ha pensato, però, che nella comunione con noi, in questo contesto, la sua ricerca avrebbe potuto ampliarsi. L’esperienza fatta lo ha segnato nel profondo e ora la sua ricerca continua, più decisa».
Luciano, Bruxelles