Verso il Meeting - «In Terra Santa? L'eredità che abbiamo ricevuto è Cristo»

Il custode Francesco Patton, la mostra "La terra più amata da Dio" e l'intervento di Pierbattista Pizzaballa... A Rimini si festeggeranno gli ottocento anni di presenza francescana nei luoghi della vita di Gesù. Dove affondano le radici del nostro futuro
Andrea Avveduto

«Per questo vi mando nel mondo intero, affinché rendiate testimonianza alla voce di Lui con la parola e con le opere e facciate conoscere a tutti che non c’è nessun Onnipotente eccetto Lui». Non si può dire che san Francesco non avesse le idee chiare. È nel 1217, due anni prima del suo famoso incontro con il Sultano Malik al Kamil a Damietta, che il poverello d’Assisi convoca il Capitolo delle Stuoie. Ed è proprio in quell’occasione che per la prima volta l’ordine da lui fondato si apre alla dimensione missionaria. Francesco in quell’anno inviò i frati in tutto il mondo, inclusa la Provincia d’Oltremare, o di Siria. Oggi è meglio conosciuta come Terra Santa, luogo dell’Incarnazione che il santo amava a tal punto da sfidare il nipote del Saladino, pur di metterci piede. Non sappiamo cosa si dissero quei due grandi personaggi nell’incontro di cui la Storia ci ha consegnato solo poche fonti, ma indubbia è la continua e ininterrotta presenza dei frati che da allora non se andarono più (e fu l’unico ordine religioso a rimanere senza interruzioni).



Quest’anno i discepoli di san Francesco festeggiano un compleanno che in pochi possono dire di aver celebrato: ottocento anni di presenza. Otto secoli in quelle terre così importanti e così colpite nei secoli da guerra e violenza: Israele e Palestina certo, ma anche Libano, Giordania, Rodi, Cipro, Egitto, oltre alla povera Siria, seconda Culla della Cristianità e dove per la prima volta i discepoli di Gesù hanno iniziato a chiamarsi cristiani. Tutti questi paesi sono in realtà “Terra Santa”, perché santificati dal passaggio di Cristo e da san Paolo, l’apostolo delle genti. È una storia ferita quella che si snoda tra i secoli, dove però trovano spazio anche esempi straordinari di dialogo e incontro. Partirà proprio da qui la mostra che verrà esposta al prossimo Meeting di Rimini. Un video proveniente dal Terra Sancta Museum (grande esposizione permanente in allestimento) porterà i visitatori indietro nel tempo, nella Gerusalemme di duemila anni fa; mentre le foto – uniche e preziose – dell’archivio della Custodia di Terra Santa documenteranno l’eredità lasciata da san Francesco oggi: un’opera preziosa per tutto il mondo che continua attraverso l’instancabile accoglienza dei milioni di pellegrini sulle tracce di Cristo, o la cura nel conservare i Luoghi Santi «in nome e per conto della Chiesa Universale».

Gerusalemme, il Santo Sepolcro

Ma l’opera dei frati, oggi, è anche altro. Non si possono dimenticare le emergenze umanitarie e in particolare «la nostra presenza in Siria», ha detto Francesco Patton, Custode di Terra Santa, «che ha pagato il suo contributo con il sangue di molti dei suoi figli, morti come martiri». Oggi sono quasi 300 i discepoli di san Francesco in Medioriente. A guidarli, da poco più di anno, fra Patton, trentino, che sarà a Rimini per inaugurare la mostra "La terra più amata da Dio", domenica pomeriggio. Tra i curatori dell’esposizione, padre Stephan Milovitch, guardiano del Convento di San Salvatore, oltre a Marie Armelle, fotografa ufficiale e Sara Cibin, collaboratrice di Ats Pro Terra Sancta (che è la Ong a servizio della Custodia e partner del Meeting per il progetto).
Il programma della kermesse riminese rivela però altre sorprese legate al Vicino Oriente. A pochi metri dalla sede della Custodia, sulla via che porta all’antica porta di Giaffa, incontriamo monsignor Pierbattista Pizzaballa. Fino a un anno fa era la guida dei francescani in Terra Santa, quando il Papa gli ha chiesto la responsabilità di condurre il Patriarcato Latino di Gerusalemme. Oggi ricopre il difficile incarico di Amministratore Apostolico. Sarà un gradito ritorno a Rimini quello del presule bergamasco che presenterà il tema del Meeting di quest’anno, due giorni dopo la conferenza di Patton. Dialoghiamo con lui sulla frase di Goethe che dà il titolo alla manifestazione. «Come Chiesa di Gerusalemme dobbiamo ripensare il nostro futuro», confessa senza nessuna difficoltà, «ma il nostro futuro è fatto anche delle nostre radici e del nostro passato».

Nazaret, la Basilica dell'Annunciazione

Non c’è forse un altro luogo così privilegiato come la Città Santa per tornare alle origini, ed è per questo motivo che «non possiamo solo chiederci come restaurare tecnicamente il Santo Sepolcro, ma dobbiamo innanzitutto capire cosa significano morte e Risurrezione di Cristo per noi». Altrimenti cosa posa potrebbe fare «una Chiesa piccola e impotente» come quella in Terra Santa di fronte alle sfide che il Medioriente mette davanti ogni giorno? Pizzaballa non è tra quelli che amano girare intorno al problema: «L’eredità che abbiamo ricevuto è Cristo. Dobbiamo ripartire da lì. Altrimenti tutte le strategie che abbiamo creato falliranno». Non è poi cambiato poi molto da quel 1217. L’eredità di Francesco è ancora viva.