Carrón: «Alla Colletta per un'esperienza di gratitudine»

Sabato 24 novembre, la raccolta del Banco alimentare in tutta Italia. Nelle parole della guida di Comunione e Liberazione durante l'ultima Scuola di comunità, le ragioni di un gesto di carità che può portare «una speranza per tutta la vita»
Julián Carrón

Vorrei riprendere brevemente quanto ci siamo detti all’ultima Scuola di comunità riguardo ai gesti di carità che ci proponiamo in questo periodo: la Colletta alimentare e le Tende Avsi. Questi gesti sono anzitutto una sfida per la nostra verifica, mettono alla prova se il nostro muoverci – compiendo questi gesti – nasce da un’esperienza di gratitudine, dall’esperienza di un “pieno” che urge comunicare – essendo liberi dall’esito, quindi – oppure se nasce da una mancanza, per cui abbiamo bisogno sempre di nuovi “progetti” per «avere la sensazione di esistere» (come diceva don Giussani).

Se l’origine è una gratitudine infinita che deborda dalla nostra persona, allora quello che faremo sarà apparentemente lo stesso, ma il significato – la densità – che porterà con sé sarà totalmente diverso. Questa è la differenza tra un gesto di volontariato e un gesto di caritativa come quello che ci stiamo proponendo: se la nostra mossa porta una speranza per tutta la vita – poiché è quello che tutti aspettano per vivere – oppure se ci accontentiamo di dare risposta a un bisogno materiale senza comunicare l’unica cosa che portava Gesù quando rispondeva al bisogno delle persone: che non erano più sole come cani e che quindi c’era una speranza.

Allora, proprio nel modo in cui faremo questi gesti la gente che incontreremo potrà percepire che c’è una diversità, che quello che vede non può esaurirsi in se stesso, ma rimanda oltre: è la testimonianza di qualcosa di assolutamente imprevedibile, cioè dell’annuncio cristiano. Questa è la mia preoccupazione: che i gesti non siano scollegati dal punto sorgivo della nostra esperienza, che non perdiamo il nesso con l’origine, perché l’alternativa a questo potrà essere solo lo scetticismo; e soprattutto attraverso i gesti non comunicheremo ciò che a noi interessa di più, cioè da dove nasce quello che facciamo.

Perciò dobbiamo preoccuparci di vivere innanzitutto noi questi gesti. Solo se li viviamo noi, potrà arrivare agli altri ciò che desideriamo comunicare. Come arriva a loro non è un nostro problema. Il nostro problema è se siamo investiti da questa consapevolezza, perché allora arriverà, arriverà agli altri quasi senza che noi ce ne rendiamo conto.

Per questo, in preparazione a questi gesti invito tutti a riprendere il libretto di don Giussani Il senso della caritativa (scaricabile sul sito di CL). Rileggiamolo per aiutarci a vivere questi gesti in connessione con i contenuti della Scuola di comunità che stiamo approfondendo.