La Colletta alimentare di sabato 24 novembre (Foto: Leonora Giovanazzi)

Colletta 2018. La speranza sotto la pettorina

Tra i 145mila volontari del Banco alimentare ci sono anche Lais, Laura, Tommaso e Altafur. Facce, persone e storie del gesto di carità più partecipato d'Italia. Il racconto da un turno a un Carrefour del centro di Milano.
Roberto Perrone

È anche un modo di conoscere Milano (o qualsiasi altra metropoli dove si svolge), la Colletta alimentare, di vedere scorci non usuali. Caterina viene dalla fine di viale Padova e si è ritrovata a Piazza Salgari. «Perché così lontano? Ci hanno detto che c’era bisogno». Ma, ovviamente, non è solo un’esperienza topografica. Le pettorine gialle non raccontano di una protesta, come quelle indossate dalle persone che stanno paralizzando la Francia e che hanno messo a ferro e fuoco i Campi Elisi a Parigi. Ma neanche, solamente, di un gesto di solidarietà. Piuttosto di una necessità personale. Esserci rende felici, esserci fa scoprire qualcosa di sé e lo trasmette agli altri, come scrive Julián Carrón: «Questa è la differenza tra un gesto di volontariato e un gesto di caritativa come quello che ci stiamo proponendo: se la nostra mossa porta una speranza per tutta la vita – poiché è quello che tutti aspettano per vivere – oppure se ci accontentiamo di dare risposta a un bisogno materiale senza comunicare l’unica cosa che portava Gesù quando rispondeva al bisogno delle persone: che non erano più sole come cani e che quindi c’era una speranza». Io lo vivo tutti gli anni, quando vado. Riesce a smuovere la mia pigrizia. E non è cosa da poco.

E accade anche per chi non fa l’esperienza di Comunione e Liberazione. Ne incontro tantissimi. Magari non hanno la precisa consapevolezza descritta da Carrón, ma dentro di loro avvertono la speranza, per sé e per gli altri. Al Carrefour di Corso Lodi, angolo Brenta conosco Lais. Riccioluta, è brasiliana di San Paolo, in Italia dal 2006, sposata, due figli, lavora alla Nestlé. Anzi per la precisione alla Nespresso, infatti quando scherzando le dico che avrà cialde a profusione, mi corregge: «Mai dire cialde! Capsule». Sorry.



Le è arrivata una mail aziendale. «Chiedevano disponibilità e ho dato la mia». Qui ha trovato una collega che conosceva di vista, perché si incontravano in mensa, Laura, e un’altra, Lucia, che invece non conosceva per niente. Lo stesso è successo per Altafur originario del Bangladesh, studente al Leonardo che non aveva mai incrociato Tommaso. Stessa scuola. «Che classe fai?», chiede Tommaso. «La prima». «Ah, io la quarta». Come dire: nessuna comunicazione con le “spine”. La comunicazione tra loro è stata la Colletta. «Perché sono qui?», risponde Altafur: «Mi piace aiutare, rendermi utile». Le loro storie si mescolano con quelle di adulti, studenti universitari, giovani e meno giovani. In sede e fuori sede. Rachele studia a Venezia. È tornata a casa per il weekend e si è messa la pettorina gialla dei volontari insieme con sua madre, preoccupata, come scrive Carron, «di vivere soprattutto noi questi gesti». Emanuela, che incontro, all’Esselunga di Viale Umbria, si è imbottita di Oki per esserci. «Questa mattina avevo la schiena a pezzi». Ora è qui che dà volantini e sacchetti. Arriva la sua amica Silvia. «Ma la pettorina la devo mettere per forza?». Eh già, almeno fosse blu snellirebbe un filo.





Facce, persone, storie della Colletta. Succedono anche fatti curiosi. Michele è romagnolo, iscritto a Scienze Politiche alla Statale. Turno 11-14 in un supermercato del centro. Gente benestante, gente che non butta via i soldi. Qualcuno poco avvezzo alla Colletta. «Uno ci ha consegnato, tutto contento, un pacco gigante di fazzolettini di carta». Beh, il raffreddore è una malattia di stagione, possono tornare utili. «Poi arriva una coppia e ci chiede due sacchetti. Uno, ce lo dicono chiaramente, per la loro spesa». Eh già, così risparmiano quei pochi centesimi di cellophane. «Sì, ma poi, all’uscita, ci consegnano il sacchetto sbagliato, quello con la loro cena. C’era anche una pasta e fagioli da consumare subito. No, non sono tornati a prenderla. E no, non ce la siamo mangiata». Però alla fine i clienti che hanno preso i sacchetti dai volontari con la pettorina gialla, 145 mila in tutta Italia davanti ai 13 mila supermercati che hanno aderito all’iniziativa, senza sbagliare a restituirli sono stati la stragrande maggioranza. Le tonnellate di cibo raccolte serviranno a garantire 16 milioni di pasti al giorno per i 5 milioni di indigenti in Italia, secondo le stime dell’Istat. Novità dell’edizione 2018, è stata la possibilità di donare online per due giorni (domenica compresa) sulle piattaforme di Auchan, Carrefour ed Esselunga. Grazie lo stesso. Ma chi ha incontrato Altafur o Rachele è tornato a casa con qualcosa in più.