Un Festival di "pezzi unici"
Decine di eventi durante il mese di maggio in Emilia-Romagna. Protagoniste, tra teatro, spettacoli e convegni, persone diversamente abili. Testimoni, con la loro fragilità, del grande desiderio che chiunque ha nel cuoreSono solo due parole, e sono molto semplici: “Pezzi unici”. Quando le senti, la mente corre subito a cose di rara bellezza e molto diverse tra loro proprio per questa unicità. Ma “Pezzi unici” è stato anche il tema della XXI edizione del Festival Internazionale delle Abilità Differenti appena terminato e promosso dalla “Cooperativa sociale Nazareno” di Carpi, nel Modenese, un evento che ha mostrato, invece, come tanti pezzi unici messi insieme con sapienza e maestria possano diventare un’esplosione di energie, capacità e risorse in grado di travolgere chiunque, interprete o spettatore, vi si imbatta.
Questa edizione del Festival, con il suo programma ricchissimo, si è svolta dal 2 al 30 maggio tra le città di Correggio, Carpi, Bologna, Pavullo, Riccione. A dare il via, il Concorso Open Festival, in cui nove compagnie con persone disabili e provenienti da tutta Italia si sono sfidate in spettacoli di teatro, danza, musica e cortometraggi.
Tra i convegni principali: “Contemporaneità e cortocircuiti dell’umano: vie di uscita”, con l’arcivescovo di Bologna, monsignor Matteo Zuppi, lo psichiatra Giovanni Stanghellini e il sociologo Pier Paolo Bellini; “Il rapporto indispensabile”, con Fabrizio Asioli e Fabrizio Starace. A completare il quadro, non sono mancate le presentazioni di libri con gli autori, come Il ladro di ombre di Verónica Cantero Burroni e Anna che sorride alla pioggia di Guido Marangoni. Ancora, rappresentazioni teatrali, proiezioni di film e fiction con attori e registi, spettacoli di danza, intrattenimento, musica… fino ai laboratori su vari temi, dalla narrazione alla pet therapy, dalla cucina alla scrittura.
«È nato tutto più di vent’anni fa», spiega Emanuela Ciroldi, responsabile artistica del Festival: «Alcuni dei nostri ragazzi della Nazareno avevano iniziato l’attività di teatro e cercavamo un modo per allargare la platea dei “soliti vicini” per far vedere il più possibile il nostro lavoro e cogliere degli spunti per migliorarci». Erano i primi passi verso una professionalizzazione, che nel tempo ha portato a realizzare spettacoli e mostre in tutta Italia e all’estero.
«Oggi, e fin da quando esiste, il Festival colpisce per la capacità che ha di mettere in luce i talenti di chi vive in situazioni di disagio. È un’opportunità di mostrarsi oltre all’apparenza: noi che li accompagniamo diventiamo strumenti del loro genio e, a loro volta, questi diventano un esempio per chiunque». Così, sullo stesso palcoscenico, i disabili di Carpi, Riccione e Los Angeles «offrono alla cittadinanza quello che sanno fare, tirando fuori insospettabili abilità e facendo cultura».
Non solo. Tutto questo è un aiuto a prendere coscienza di chi si è, spiega Sergio Zini, presidente della Nazareno: «È uno sprone alla ricerca appassionata di qualcosa che ci manca, ma che intravediamo tra le crepe della nostra fragilità e di cui abbiamo desiderio». La parola stessa, “desiderio” descrive qualcosa che sta al di fuori di ciascuno: «Dal latino de-sidera, una tensione verso le stelle. Ci dice che è qualcosa di immensamente grande, che ha a che fare con quella scintilla nel cuore che accende in noi una sete inesauribile. Ma cosa potrà dissetarci?».
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Nel suo intervento all’incontro di Bologna monsignor Zuppi ha detto: «Occorre uscire da sé per essere in sé». Ovvero, ciò che può placare la nostra sete è fuori di noi, è nella realtà. Anche la scrittrice sedicenne argentina Verónica Cantero Burroni, disabile, ha testimoniato questo: «Lo scrivere esige che io sia attenta alla realtà per cogliere i misteri che nasconde, quella parte di realtà che ci tocca da vivere, questa realtà che ci aspetta. Dio non si è sbagliato quando mi ha messo in questa sedia a rotelle. Aveva un piano molto più grande di quello che io avevo per me. Stava scrivendo la sua storia d’amore con me».
«Ascoltare la nostra sete e rialzare lo sguardo troppo piegato su noi stessi ci faccia aprire il cuore a quel Mistero che è in tutto», ha detto ancora Zini: «Per questo abbiamo scelto come titolo della prossima edizione l’espressione: “Assetati di realtà”».