Don Ricci, «compagno di cammino»
A trent'anni dalla morte del sacerdote romagnolo tra i protagonisti della storia di CL in Italia e nel mondo, ecco una serie di iniziative per ricordarlo. L'8 giugno, per esempio, una diretta su YouTube«Il primo e più grande compagno di cammino». Parola di don Giussani. Che in quel prete lungo e segaligno, animo vigoroso e occhi sempre pronti a ridere dietro le lenti spesse, aveva trovato molto più di un amico e di un collaboratore decisivo per la maturazione di CL. Per lui, don Francesco Ricci, scomparso (a 61 anni e un giorno) il 30 maggio del 1991 dopo una malattia dolorosa e insieme serena, era anzitutto un uomo segnato da una «autenticità» radicale, da una «fedeltà intelligente al magistero di Pietro», da una «vibrazione ecumenica anticipatrice». E da un «attaccamento indomabile alla figura di Cristo». Ed è giusto che si riparta da lì, dal messaggio che il fondatore inviò allora a tutto il movimento, per riprendere il filo di una vita così ricca, piena e capace di generare. Nato a Faenza nel 1930, sacerdote dal ’55, canonico della cattedrale di Forlì, rettore della chiesa di San Filippo Neri, assistente ecclesiastico di Azione Cattolica prima e di CL poi, fondatore di Cseo (il Centro Studi per l’Europa Orientale), don Ricci è stato animatore di decine di iniziative missionarie in tutto il mondo, dall’America Latina all’Africa, all’Estremo Oriente, passando per l’Est oltrecortina degli anni Settanta e Ottanta.
Nel trentennale della morte, don Ricci verrà ricordato con una serie di iniziative legate proprio da quelle parole di Giussani. «Il primo e più grande compagno di cammino» è il titolo dell’incontro di martedì 8 giugno, organizzato dal Centro culturale di Forlì (intitolato a lui) all’Arena San Domenico, ore 20.30 (con diretta YouTube). Ospiti, il cardinale Matteo Zuppi, Arcivescovo di Bologna, e Roberto Fontolan, direttore del Centro Internazionale di CL. Dopo i saluti del sindaco, Gianluca Zattini, e del Vescovo di Forlì-Bertinoro, Livio Corazza (e con la moderazione di Alessandro Rondoni), si scaverà non tanto nella storia di don Ricci, ma nel presente, nel «cercare di capire come un testimone così ci aiuta ad affrontare l’oggi», spiega Enrico Locatelli, uno degli organizzatori dell’evento: «Non volevamo commemorazioni o analisi del passato: i ricordi sono belli, ma non è detto che aiutino a vivere».
Da qui, appunto, la scelta degli ospiti. «Il cardinale Zuppi è un esempio perfetto della Chiesa in uscita che chiede papa Francesco e che don Ricci, in qualche modo, ha anticipato, incarnandola», spiega Valerio Girani, responsabile di CL in città: «Fontolan rappresenta il Centro internazionale, cioè uno snodo cruciale per la presenza del movimento nel mondo intero: e don Francesco ha speso la vita per questo».
Una vita fatta in gran parte di viaggi, ovunque (in città lo chiamavano «don Kilometro»). Ma radicata in un’altra espressione di Giussani, che non a caso don Ambrogio Pisoni ha ricordato nell’omelia per la Messa del Trentennale, nella Cattedrale di Forlì pochi giorni fa: «La missione è l’epifania dell’identità. È il manifestarsi di quello che siamo, grazie al Battesimo». Non il frutto di progetti, piani, programmi, ma una vita: «E don Francesco era così». Lo era sempre, nei viaggi in Giappone e Corea o nell’accompagnare gli universitari del movimento, negli incontri semiclandestini con la Chiesa dell’Est (è a lui che si deve l’inizio dell’amicizia di CL con Karol Wojtyla, allora Arcivescovo a Cracovia e futuro san Giovanni Paolo II) e nelle viuzze della sua Forlì, dove incontrava tutti attraverso la parrocchia, l’oratorio di San Filippo Neri, il giornalino, le iniziative culturali. «La sua memoria in città è vivissima, ha tirato su una generazione intera di forlivesi», racconta Girani: «Molti, magari, non erano d’accordo con lui, ma erano sorpresi dalla visione, dalla capacità di apertura culturale. Altri sono proprio suoi figli».
È intorno a don Ricci, per esempio, che fiorì la vocazione artistica di Claudio Chieffo, autore di canzoni che hanno accompagnato in maniera decisiva la storia del movimento (e non solo). O quella di Franco Palmieri, che è diventato attore anche grazie a una delle mille iniziative di «don Kilometro». «Negli anni Settanta qui ci fu un boom di Gioventù Studentesca», ricorda Palmieri: «Incontri, revisioni culturali, scuole estive… Una delle materie era il teatro: a lui piaceva molto. Riuscì a rilevare un capannone a Forlì e ci fece costruire platea e palco. Così alcuni di noi, a 18-19 anni, si ritrovarono non solo con una passione, ma con un luogo dove poterla sperimentare. Il primo testo che facemmo lo portò lui dal Brasile: Buraco quente, buraco frio. Era un lavoro del Living Theatre. Conosceva già il mondo».
È proprio a Palmieri che è stato chiesto di costruire un documentario su don Ricci. Stesso titolo del Trentennale (Il primo e più grande compagno di cammino), un quarto d’ora abbondante di durata, verrà presentato anche questo la sera di martedì 8, durante il convegno: «Per me, è stata un’occasione in più per ripulire gli occhi dai ricordi passati e approfondire un legame presente», racconta. «Ho scoperto tratti che mi hanno commosso. Certe sue parole, per esempio: “Il cristianesimo è tutto racchiuso in questa profonda, invincibile e vittoriosa corrente della passione reciproca tra la creatura e il Creatore, fra Dio e l’uomo”. Ecco, mi colpisce questo “invincibile e vittoriosa”, oggi. Perché è vero. Sto riscoprendo molto della sua paternità».
È un’altra parola chiave per capire il peso di don Ricci. «Lavorando sul Trentennale, mi sono accorto che nella mia storia c’è una linea continua di padri», racconta Girani: «Lui, poi Enzo Piccinini, altra figura che ricordiamo in questi giorni (anche per il libro di Marco Bardazzi, ndr); e, attraverso di loro, don Giussani e poi Julián Carrón. E sono grato, perché è questa paternità che permette di introdursi nella vita con una certezza affettiva: Gesù è presente, la realtà è abitata da Lui. Quindi puoi vivere tutto. Noi qui siamo molto legati a una frase che Carrón ha scritto nel suo messaggio per i 50 anni della comunità di Forlì, nel 2011: diceva che è impossibile in un’occasione così non pensare ai “tanti padri che vi hanno generato”, come Ricci. Ma “la verifica di questa origine è nel presente”. Ecco, per me il Trentennale è questo. Non è una commemorazione del passato. Il movimento oggi ci restituisce don Francesco vivo».
E vale anche per chi non lo ha conosciuto, come lo stesso Locatelli: «Io non l’ho mai visto: ma seguire lui come figlio di don Giussani mi ha aiutato a immedesimarmi nella sequela del movimento oggi. Per dire, fare la Scuola di comunità di questi mesi sul “carisma” alla luce di certi testi che abbiamo recuperato, delle sue parole, del suo rapporto con Giussani, aiuta tantissimo».
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Tanti di quei testi si aggiungeranno al materiale che la sorella di don Francesco, Eugenia, aveva già donato qualche anno fa al capitolo della chiesa di San Filippo, a Forlì. E a nuove testimonianze, racconti, clip audio e video (particolarmente prezioso il contributo del cardinale Angelo Scola). Ovvero, il materiale che compone l’ultimo tassello (per ora) della festa: il sito www.donfrancescoricci.it, online sempre dalla sera di martedì 8. «Non è un archivio scientifico: è una vita», spiega Locatelli: «Ci stiamo mettendo dentro quello che il Signore ci sta facendo incontrare. È un aiuto in più per conoscerlo». E per averlo oggi, come compagno di cammino.