Lampedusa. Sulla stessa barca
Il convegno dedicato al dialogo interreligioso promosso da Cei e da alcuni leader di comunità islamiche italiane, in uno dei luoghi simbolo degli ultimi anni. Una tre giorni, dal 24 al 26 giugno, fatta di incontri e di storie intrecciateIn un luogo come Lampedusa, dire che si è “sulla stessa barca” è qualcosa di molto impegnativo. Evoca immagini di persone che inseguivano il sogno di una nuova vita e l’hanno cominciata su quelle spiagge, ma anche di chi ha visto annegare la speranza in quelle acque, divenute la tomba di migliaia di migranti. Evoca gli incontri, gli scontri e le reciproche contaminazioni tra cristiani e musulmani che da secoli popolano le sponde del Mediterraneo. Evoca quella frase più volte pronunciata da Papa Francesco, per ricordarci che siamo resi “fratelli tutti” da una vocazione dalla quale non possiamo sottrarci anche se fatichiamo a praticarla. “Sulla stessa barca” è anche il titolo del terzo incontro nazionale di dialogo islamo-cattolico promosso dall’Unedi, l’Ufficio nazionale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso della Conferenza episcopale italiana, che si è snodato tra Trapani e Lampedusa, l’isola dove Francesco ha compiuto il primo viaggio del suo pontificato.
All’inizio dei lavori, ai quali hanno partecipato 130 persone coinvolte in diverse modalità nel dialogo interreligioso, il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei, ha ricordato in collegamento che «crediamo ancora troppo poco che quello che interessa l’altro interessa anche me. E che se l’altro sta male, anche io, che sono sulla stessa barca, sto male». La costruzione della cittadinanza è il fil rouge che ha legato i momenti di lavoro che hanno esplorato temi e luoghi dove la convivenza tra cattolici e musulmani è messa alla prova: la scuola, il lavoro, la famiglia, la parrocchia e la moschea, la costruzione della pace, i giovani, le sfide della secolarizzazione, la libertà religiosa. Don Giuliano Savina, direttore dell’Unedi e instancabile tessitore di rapporti all’interno del mondo cattolico e con le diverse espressioni del composito mondo musulmano in Italia, ha sottolineato «l’importanza di un impegno all’interno dei territori che veda protagoniste diocesi, associazioni e movimenti in un lavoro di conoscenza reciproca e di valorizzazione delle diverse esperienze. In particolare, da tempo stiamo lavorando perché la Dichiarazione di Abu Dhabi sulla fratellanza umana - firmata nel 2019 da Francesco e dal grande imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayyeb - venga conosciuto nelle nostre comunità e possa innervarne l’esperienza, contribuendo ad accompagnare processi significativi di amicizia e di lavoro sui temi che toccano la convivenza. Sono parole che nascono nel seno di due grandi tradizioni religiose ma sono rivolte al mondo intero, e soprattutto in questi tempi mostrano la loro attualità».
Gianni Mereghetti ha raccontato l’esperienza di Portofranco e dei 40 centri dove in questi anni, a partire dall’aiuto allo studio, sono nate occasioni di conoscenza e amicizia tra giovani cristiani e musulmani. «L’amore alla persona e al suo destino è ciò che ci fa incontrare ogni giorno, nella condivisione dei bisogni elementari e nella costruzione di rapporti in cui ciascuno si propone all’altro con il desiderio di conoscerlo e di farsi conoscere. Portofranco è un luogo dove si impara a studiare e a convivere, dove si scopre che l’identità non è una realtà statica e autoreferenziale, ma qualcosa di dinamico, che vive del rapporto con l’alterità».
Cristina La Manna, che ha partecipato come rappresentante dell’Associazione Italiana dei Centri culturali, si è confrontata nel suo gruppo di lavoro sull’importanza della cultura come luogo di incontro e valorizzazione dell’umano. A cena, si è trovata a fianco di Carla, dei Focolarini, che vive a Palermo come lei, e che non conosceva, e con Latifa, mediatrice culturale musulmana di Ravenna, «con la quale ci siamo date appuntamento al Meeting di Rimini e che mi ha invitato a cena a casa sua». Durante il workshop ha avuto l’opportunità di conoscere Brunetto Salvarani - autore del libro Fino a farsi fratello di tutti. Charles De Foucauld e Papa Francesco presentato durante la serata - che ha ribadito l’importanza della cultura per coinvolgere i giovani. Il giorno dopo, è la volta dell’incontro con Mirella Susini, linguista e teologa, «mi ha intrigato il suo metodo di presentare la figura di San Francesco attraverso le fonti scritte». Un’altra persona che l’ha colpita in modo particolare per la sua umanità è Nadjia, insegnante algerina musulmana al Pisai di Roma, studiosa di sant’Agostino, per la quale «quando un’amicizia nasce in modo sincero rimarrà eterna e questa nostra famiglia si allargherà sempre di più, diventando un faro per tutti, credenti e non, nelle notti del nostro Mediterraneo».
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Infine la rappresentazione di Giona il profeta ribelle, come leitmotiv di un percorso spirituale-teatrale-musicale in alcuni luoghi-simbolo di Lampedusa è stata per Cristina: «Molto suggestiva e proposta in una modalità espressiva consona allo stile di AIC nel fare cultura. Da quelle giornate ho portato a casa un’accresciuta consapevolezza che “siamo sulla stessa barca” a condividere le gioie e i dolori dei nostri fratelli uomini, consapevoli che riconoscere la presenza di Dio tra noi ci permette di sfondare il muro dell’indifferenza e di costruire ponti di incontro».