Si canta insieme a “TOgether - Protagonisti all’opera” a Torino

Don Giussani. Anche Torino scende in Piazza

All'ombra della Mole, sotto un tendone alla Piazza dei Mestieri, sei giorni di incontri e dibattiti hanno celebrato il centenario del fondatore di CL
Davide Perillo

È nato tutto attorno a un tavolo e davanti a una birra. Tema: il centenario di don Giussani. E come festeggiarlo a Torino. «Non avevamo nessuna voglia di organizzare un momento celebrativo o, peggio ancora, nostalgico», racconta Dario Odifreddi, presidente di Piazza dei Mestieri, la grande realtà educativa che lavora in città (e non solo) per avviare i giovani al lavoro. «Piuttosto, sentivamo una necessità: capire se don Giussani e l’incontro che abbiamo fatto con il movimento sono qualcosa di contemporaneo, di presente. La realtà urge: guerra, pandemia, difficoltà economiche, una campagna elettorale urlata e violenta, lo spaesamento di tante persone, soprattutto dei giovani... Abbiamo bisogno più che mai di capire cosa succede intorno a noi, di aiutarci a giudicare». E di verificare un fatto, cruciale per Giussani e per chi ci si è imbattuto: «Il Mistero che ci ha conquistati risponde davvero a queste domande, così drammatiche?».

Il risultato è stato “TOgether - Protagonisti all’opera”: sette giorni e nove incontri (dal 19 al 25 settembre) sotto il tendone di via Durandi 13, indirizzo principale della Piazza. Con temi che spaziano dall’educazione al lavoro, dalla politica all’informazione, dall’intelligenza artificiale al volontariato… La vita, insomma. Testimoniata dagli ospiti e dalle realtà che hanno collaborato a mettere in piedi l’evento (con Piazza dei Mestieri, Banco Alimentare, associazione Lu.Be., Comunità di Sant’Egidio e altri, oltre alla Diocesi di Torino e alla Compagnia di San Paolo). E abbracciata da quello sguardo intenso che campeggiava dai pannelli della mostra sul fondatore di CL, nato giusto cent’anni fa.

Sotto il tendone alla Piazza dei Mestieri

Sotto quello sguardo sono sfilati, nei giorni, personaggi come don Pierluigi Banna, docente di Teologia all’Università Cattolica, che ha parlato di educazione e della sfida quotidiana che è per i giovani (ma non solo) «seguire il proprio cuore», essere leali con i propri desideri. O Marco Bardazzi, co-founder di Bea (agenzia di comunicazione) e giornalista di lungo corso (Ansa, La Stampa, poi le relazioni esterne per Eni), che ha sottolineato come anche informarsi sia «un lavoro personale», che richiede impegno e maestri (non a caso, ricorda, «don Giussani invitava i giornalisti a provocare misteriosamente la vita comune degli uomini»). Oppure ancora, il presidente della Regione, Alberto Cirio, il sindaco di Torino, Stefano Lo Russo, e Sergio Chiamparino, già predecessore di entrambi, assieme sul palco per un dibattito sul bene comune e sulla necessità di «far innamorare di nuovo della politica» e di «costruire insieme, che non vuol dire confondere le identità o non avere appartenenze».

Ma in via Durandi, davanti a un pubblico che ha oscillato sempre tra le 150 e le 300 persone, si è parlato anche di lavoro, con Giorgio Vittadini (presidente della Fondazione per la Sussidiarietà), Claudio Chiarle (ex segretario Fim-Cisl di Torino), l’imprenditore Alberto Scavino e Felice Vai (presidente della Compagnia delle Opere Piemonte). Il lavoro non è solo uno dei problemi più urgenti per il Paese (e per il Governo prossimo venturo): è anzitutto «un desiderio legato alla natura religiosa dell’uomo, che implica il sacrificio e la fatica del lavorare, nella creazione artistica come nel fare impresa», ha ricordato Vittadini, citando spesso don Giussani. Quando si riduce questa prospettiva, restano solo «potere, soldi e sfruttamento» e il lavoro «perde il suo significato»; mentre la vera sfida di oggi è «nella capacità di valorizzare l’uomo intero». E «un uomo intero» era di sicuro il Servo di Dio Enzo Piccinini, il chirurgo modenese (amico e “figlio” di don Giussani e a lungo tra i responsabili di CL) scomparso nel 1999, a cui è stata dedicata la serata di giovedì.

Altri momenti di confronto hanno riguardato l’intelligenza artificiale e la nascita del Metaverso, con le sfide che si portano dietro per l’uomo; la formazione; la sussidiarietà; la politica. Temi che toccano tutti, e che nelle giornate di questo mini-Meeting sotto la Mole sono stati affrontati con uno sguardo che, probabilmente, si riassume bene in una frase di Cristiana Poggio, vicepresidente della Piazza dei Mestieri: «Quando ci si impegna per alleviare le condizioni di chi vive in una situazione di disagio, bisogna operare “con loro” e non semplicemente “per loro”. E l’andare verso gli altri non è un gesto per pochi eletti, ma popolare, alla portata di tutti».

L’ultimo incontro si è svolto sabato sera, con un convegno al Teatro Valdocco. In sala, don Stefano Alberto (docente di Teologia alla Cattolica), Wael Farouq (che nello stesso ateneo insegna Lingua e cultura araba) e Luciano Violante, presidente emerito della Camera. Esperienze molto diverse, ma accomunate da un fatto, osserva Odifreddi: «Ci hanno testimoniato come don Giussani, in qualche modo, sia un padre per ciascuno di loro, e il movimento un luogo di amicizia per tutti».

La chiusura vera e propria, però, è stata domenica, con la messa celebrata in Piazza dei Mestieri da monsignor Roberto Repole, arcivescovo di Torino. «Continuate ad avere passione per Cristo e ad avere passione per i fratelli, soprattutto i più indigenti, quelli più in difficoltà», ha detto il prelato: «Se abbiamo questa passione per Cristo tutti insieme, non possiamo che essere insieme. Stare insieme, camminare insieme, l’essere nella comunione; penso che questo sia uno dei segni più belli che possiamo offrire a questo mondo, anche a questa città». Emmanuele Riu, responsabile diocesano della Fraternità di CL, lo ha ringraziato così: «Don Giussani ci ha insegnato a seguire sempre il proprio Vescovo: è il modo per seguire la traccia del Papa che sta a Roma. Quando la paternità del Vescovo diventa così evidente e così affettiva, come è stato oggi, questo è una grazia di cui non possiamo che essere riconoscenti… Noi preghiamo tutti giorni perché la passione per Cristo che ci ha comunicato Giussani diventi passione per la Chiesa e passione per l’uomo».

Si è concluso tutto con un pranzo da cinquecento persone alla Piazza dei Mestieri «e una cantata insieme», racconta Odifreddi. Con una «gratitudine enorme» per don Giussani e per qualcosa di inatteso, almeno in questi termini. E una certezza: «C’è bisogno di luoghi così per ritessere il filo di una convivenza civile che aiuti tutti a vivere meglio, e a cercare insieme la strada per rispondere alle esigenze del cuore. L’altro è davvero un bene per me. Sempre».