Il Duomo di Monza durante il concerto per don Giussani.

Monza. «Gesù lo ha fatto suo»

Un concerto nel Duomo con più di mille persone e una serata di testimonianze che «quasi non si vorrebbe terminare». Ecco come la città brianzola ha celebrato il Centenario di don Giussani
Stefano Giorgi

«Santo Padre, l’Udienza che Lei ci ha concesso sabato scorso per il Centenario della nascita di don Luigi Giussani è stato uno degli eventi più significativi della storia del movimento di Comunione e Liberazione […]. Il suo intervento, così intenso e personale, ci ha inoltre permesso ancora una volta di immedesimarci con l’esperienza spirituale di don Giussani, con la sua percezione dell’avvenimento di Cristo e con la sua passione missionaria». Così inizia la lettera di Davide Prosperi di ringraziamento a Papa Francesco per la bellezza di quella giornata. Proprio il desiderio di immedesimazione con l’esperienza di don Giussani ha mosso la comunità di Monza nella preparazione e realizzazione dei due eventi offerti alla cittadinanza in occasione del Centenario.

«Don Giussani era cresciuto in una casa - come disse lui stesso - povera di pane, ma ricca di musica; e così, sin dall’inizio era toccato, anzi ferito, dal desiderio della bellezza […] così ha trovato Cristo, in Cristo la vera bellezza, la strada della vita, la vera gioia», ricordava l’allora cardinal Ratzinger al funerale di don Giussani. Abbiamo voluto così offrire alla città di Monza la possibilità di incontrare un aspetto determinante della personalità di don Giussani: il suo rapporto con la musica «via privilegiata della percezione della bellezza».

L'incontro con padre Sironi (a sinistra) e don Banna

Grazie alla disponibilità dell’arciprete, monsignor Silvano Provasi, che ha offerto l’uso del Duomo; alla generosità di tantissimi che hanno contribuito alle spese e all’allestimento della serata, venerdì 21 ottobre alle ore 21 si è tenuto il concerto del Requiem di Mozart eseguito da Discanto Vocal Ensamble & Consort. Alle 20,15 la piazza del Duomo era già piena di gente in coda per entrare, saranno 1.100 i partecipanti, una sorpresa per tutti.

La settimana successiva l’appuntamento è stato al teatro del Collegio della Guastalla per un incontro dal titolo: “L’ecumenismo oggi: il contributo originale di don Giussani”. Dialogo con padre Enrico Maria Sironi, barnabita, già docente di Teologia ecumenica alla Pontificia Università Urbaniana e al Pontificio Istituto Orientale di Roma e Pierluigi Banna, docente di Patrologia al seminario di Venegono e di Teologia all’Università Cattolica di Milano.

Padre Enrico aveva scritto per la rivista internazionale dei barnabiti, Eco dei barnabiti, un articolo dedicato alla persona di don Giussani, in particolare alla sua passione ecumenica. Un articolo colmo di passione e ammirazione. «Più si legge don Giussani e più ci si entusiasma» ebbe a dire in un dialogo tra noi. All’appuntamento, padre Enrico porta una icona originale russa della Madonna di Kazan e una foto di don Giussani. Vuole che siano posti l’uno a fianco dell’altra sul tavolo dei relatori per indicare a tutti di fronte a che cosa ci stiamo disponendo. Chiede che si inizi con l’ascolto dell’Ave verum di Mozart, «il verum corpus, Cristo, il verbo di Dio fatto uomo», richiamando così il “bel giorno” di don Giussani.

Il suo contributo è una vera e propria “cavalcata” attraverso una miriade di episodi e di interventi di don Giussani a partire dal 1938: «Giussani ha 16 anni, seminarista a Venegono e dice: “Ho iniziato a pensare da solo alla possibilità, alla novità di una possibile unità”» Nel raccontarlo don Enrico ha come un sussulto: «Mi fa una santa invidia, il pensare è proprio tipico di Giussani: ha passato tutta la vita tra pensiero e preghiera. Dove ha imparato l’ecumenismo? Come ha fatto a capire che la Chiesa disunita è un peccato? Giussani era ferito nel cuore dalla divisione, “Cristo non è stracciato” diceva. Andava al centro: Cristo vivo!». Prosegue raccontando che al terzo anno di teologia Giussani, a 21 anni, prima ancora dell’ordinazione diaconale, il 28 maggio del’44 nella basilica del Seminario di Venegono era stato invitato a tenere l’omelia di Pentecoste nella quale aveva avuto modo di esprimere la sua passione ecumenica: «L’unità è la nota essenziale di ogni vita. La tendenza disgregatrice che sentiamo in noi e nelle cose è il richiamo sintomatico del nulla dal quale fummo tratti. L’istinto che ci porta a reagire a questa disgregazione è l’esperienza sensibile della forza conservatrice di Dio che ci diede la vita… Per questo l’unità anche esteriore della sua Chiesa è la passione di Gesù. Ut fiet unum. È lo spirito di Gesù che ci obbliga a soffrire perché il nome del Verbo è stracciato tra tante confessioni diverse». Commenta padre Enrico: «A 21 anni una simile consapevolezza! Mi viene da piangere di commozione: Gesù lo ha fatto suo», e si interrompe commosso.

È stata un’ora così, di racconto, di continua ripresa di parole e fatti della vita di don Giussani. L’82 a Caravaggio, l’87 ad Atene, il ’95 a Bassano e… ancora e poi ancora, fino al suo incontro personale avvenuto nell’agosto del 1976 al passo della Mendola, «dialogo in cui mi disse che “l’ecumenismo è sempre stata la mia passione perché è la volontà di Cristo”. Cristo è l’unità». Padre Enrico ha tenuto ad evidenziare che la passione ecumenica di don Giussani «è la passione (e deve essere la passione) anche della Fraternità di Cl».

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Don Pigi, colpito dall’entusiasmo di padre Enrico, ci ha aiutati ad approfondire il tema. «Come per Giussani Cristo è diventato così presente?», esordisce. «Cristo ha fatto unità della sua vita: l’unità è una grazia che ci accade e che ci unifica. In secondo luogo, è stata l’intuizione di una corrispondenza: questa Presenza c’entra con tutto. Dall’esperienza di unità all’intuizione ecumenica. E la verifica di questo è la possibilità di andare incontro a tutto: fare esperienza vuol dire vedere come questa intuizione ti fa imparare Cristo da tutto». «È un impeto di abbraccio e di valorizzazione di tutto ciò che di vero, di bello, di buono e di giusto rimane in chiunque viva un’appartenenza» rincara padre Enrico, citando ancora don Giussani, spronandoci ad immedesimarci in quell’impeto di valorizzazione.

Quasi non si vorrebbe terminare. Chiudiamo accogliendo l’invito di padre Enrico a pregare la Madonna per il dono dell’unità. Si esce dal teatro e il dialogo continua, stupiti e grati della passione per don Giussani che traspare da ogni fibra di padre Enrico e viene in mente la chiusura del film della Cavani su sa Francesco quando fa dire a Chiara: «L’amore ha reso l’amante identico all’amato».