Don Edo Mörlin Visconti

Poeta della fedeltà

Il 21 gennaio è morto don Edo Mörlin Visconti. La GS degli anni Sessanta, il seminario di padre Tiboni e l'ordinazione sacerdotale nella Diocesi di Gulu. La storia del missionario che, dall'Africa, ha tradotto il Vangelo in dialetto milanese
Filippo Ciantia

Edoardo “Edo” Mörlin Visconti nasce nel 1947 in una nobile famiglia milanese, che gli trasmette con la fede l’amore per la sua terra e una finezza culturale profonda e rara. Durante il liceo, folgorato dall’incontro con don Giussani, s’impegna con tutto sé stesso in Gioventù Studentesca. Frequenta un anno della facoltà di Medicina, quando scopre la sua vocazione sacerdotale e missionaria. Nel maggio del 1971, appena rientrato da un viaggio in Uganda, don Giussani gli propone di diventare sacerdote nel seminario per vocazioni adulte fondato da padre Tiboni a Kitgum, e gli chiede di obbedire al missionario Comboniano per tutta la vita. «Sulle tue parole getterò le reti», risponde prontamente il giovane, allora seminarista del Pime.

Il 9 aprile dell’anno successivo, a Kitgum, accompagnato da padre Pietro Tiboni, viene ordinato sacerdote nella diocesi di Gulu. Della sua prima messa, celebrata nella cappella del villaggio di Opette, insieme ai suoi maestri nel seminario, Pietro Tiboni, Giuseppe Franzelli, Giuseppe Frigerio, ci rimane una fotografia. Mentre il novello sacerdote solleva il calice che contiene il sangue di Cristo, alle sue spalle si nota un quadro raffigurante una pietà, con la Madre di Gesù che porta, addolorata, il Figlio. Profezia della sua vita sacerdotale, offerta nella fedeltà e sempre, soprattutto nel dolore e nelle incomprensioni, accompagnata dalla Madonna.

Parroco in diverse comunità della diocesi ugandese, si accorge che per spiegare il vangelo ai suoi umili fedeli, gli vengono in soccorso la schiettezza e la spontaneità del dialetto milanese a lui così caro. Profondo conoscitore delle lingue, incluso il dialetto Acioli, scopre la sua vena poetica, sorretta da un rigore formale straordinario. Prima con le quartine, partendo dalle sue prediche ai parrocchiani, scrive in dialetto milanese il vangelo della vita quotidiana, El Vangel per el dì d’incou. Poi, durante la guerriglia che affligge il suo popolo, mette in sonetti il Rosario, I tre coron del Rosari. Infine il suo grande amico don Giampiero Baldi, gli chiede di scrivere in dialetto milanese gli Atti degli Apostoli: si completa così la sua trilogia dialettale con La Gesa e la soa mamma.

La prima Messa di don Edo, l'11 marzo 1972

La sua vita sacerdotale di servizio alla chiesa di Gulu, tra guerre e miseria, odio tribale e stragi, è segnata dalla fedeltà al Signore, attraverso Maria. Con i compagni di vocazione, Alfonso e Patrick, è autore della Preghiera di Consacrazione che Tiboni diffonderà in tutto il mondo. A Cristo ha consacrato la sua genialità, mettendola a frutto nella vita di Christ is Communion and Life, la prima forma di presenza di CL in Uganda e in Africa. Sono ancora imporanti le sue traduzioni originali in inglese dei libri che Giussani proponeva ai suoi amici e che diventarono patrimonio dei ciellini d’Uganda, L’annuncio a Maria di Paul Claudel e il Miguel Mañara di Oscar Milosz. Inoltre don Edo ha dato un contributo importantissimo alle traduzioni in lingua inglese dei testi di don Giussani. Le sue versioni, realizzate insieme a don Patrick Stevenson in Uganda, oltre ad aver circolato per molti anni in Africa, sono state la base per le traduzioni successive. Oltre a tradurre personalmente, ha accompagnato gli inizi del lavoro di altri traduttori, aiutandoli a familiarizzare con il linguaggio di don Giussani. Una di queste figure, in origine protestante, proprio attraverso questo lavoro accompagnato è arrivata a convertirsi al cattolicesimo.

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La sua amicizia era fedele, sicura, continua, inesauribile. Non mancava mai di mantenere le promesse di una visita regolare e affettuosa. Le sue poesie sono dedicate alla schiera di persone che hanno gioito lietamente del suo amore senza limiti.
Negli ultimi anni Dio gli ha chiesto i suoi doni più grandi, la memoria acutissima, la comunicazione poliglotta ed elegante, la forza fisica. Edo ha dato tutto: nei suoi occhi azzurri, fino all’ultimo ha brillato la passione per la missione e la nostalgia dei suoi amici, soprattutto quelli che lo hanno preceduto nella casa del Padre.
È salito al cielo il 21 gennaio.

Nel suo sonetto del IV Mistero Glorioso, da lui dedicato “a don Fernando e gli altri nostri morti”, il poeta descrive l’Ascensione al cielo della Madonna, che ora ci attende per la festa del banchetto eterno;

Sicchè, quand ghè sonnaa l’avemaria
De la toa vitta, Lù el t’ha mennaa su
A bev el vermut con la Trinitaa
E adess con tucc i Sant in compagnia
Te set per semper con el to Gesù
Pronta a ricèv l’intrega umanitaa.


Maria accogli il tuo figlio e nostro amico Edo.