Monsignor Filippo Santoro (Foto Renato Ingenito)

Anche Taranto ricorda don Giussani

Una serata all'insegna della musica classica per celebrare il Centenario della nascita del Fondatore di CL. Davanti alla platea gremita, le testimonianze di Pier Paolo Bellini e di monsignor Filippo Santoro
Massimo Sabbatucci

A Taranto, in coda alle celebrazioni per il Centenario della nascita di don Giussani, la comunità di CL, radicata nel territorio da oltre cinquant’anni, ha organizzato un evento nel salone di rappresentanza della Provincia, riaperto per la prima volta dopo la pandemia, quasi insufficiente a contenere i tanti che hanno risposto all’invito. Una grande partecipazione, che ha riecheggiato in molti un incontro del 1986, quando don Giussani, invitato a Taranto dall’allora Arcivescovo - e suo amico - monsignor Guglielmo Motolese, offrì una testimonianza alla città in occasione della Settimana della Fede.

Così, a distanza di quasi quarant’anni, il fondatore di CL “è tornato” a Taranto, in una serata dedicata a una delle sue più grandi passioni dal titolo “Spirto gentil: la bellezza in musica”, raccontata attraverso la testimonianza di due uomini che l’hanno conosciuto bene tanto da diventare determinante per la vita di entrambi: il professor Pier Paolo Bellini, compositore e docente all’Università del Molise, e l’Arcivescovo della “città dei due mari”, monsignor Filippo Santoro. In sala, tra cittadini comuni e autorità civili e militari, anche l’Arcivescovo coadiutore della Diocesi tarantina, monsignor Ciro Miniero. E non è mancato il saluto del sindaco e presidente della Provincia, Rinaldo Melucci, che ha espresso tutta la gratitudine della città verso una realtà, quella del movimento, che negli anni è stata una presenza significativa e incidente nella vita civile, in particolare nell’ambito educativo e caritativo.

La serata dedicata a don Giussani a Taranto (Foto Renato Ingenito)

Il primo intervento è stato del professor Bellini, che ha raccontato del suo coinvolgimento, da musicista professionista, in un’avventura che ha visto fiorire la collana musicale “Spirto gentil” - di cui è stato general editor - e che nell’arco di una decina d’anni ha visto l’uscita di 52 cd con esecuzioni delle opere e degli autori più cari a don Giussani. Bellini ne ha riproposte alcune, all’interno di un percorso affascinante: «Sono brani che descrivono la sete di felicità, che non è una prerogativa cristiana, ma è una prerogativa umana», ha spiegato Bellini: «Don Giussani leggeva dentro questi capolavori, come leggeva dentro le poesie, a partire da Leopardi. La prima cosa che gli interessava era l’emergere della struttura che è di tutti. Non dei cristiani, ma di tutti. La seconda cosa straordinaria è che quella “struttura di desiderio di felicità di tutti” ha avuto la possibilità storica di incontrare una risposta. Questo è ciò che a don Giussani stava a cuore più di tutto: dire che esiste una risposta al cuore, che si chiama Gesù Cristo. L’avvenimento cristiano è quello che più corrisponde alla struttura umana».

Pier Paolo Bellini (Foto Renato Ingenito)

A seguire l’intervento di monsignor Santoro, presente in veste di pastore della comunità tarantina, ma che sul palco ha raccontato il suo essere «figlio di don Giussani», fin da quando, giovane seminarista a Roma, aveva invitato quel sacerdote «che parlava della pertinenza della fede rispetto la vita» a predicare gli Esercizi Spirituali ai suoi compagni dell’Università Gregoriana. Quindi, l’inizio della storia di CL in Puglia, e quella domanda che si sentì rivolgere da don Giussani: «Andresti volentieri in Brasile?». E, ancora, di quella volta in cui, appena ordinato Vescovo, si era visto chiedere la benedizione da don Giussani inginocchiato di fronte a lui. Un giornalista gli ha chiesto quale fosse il significato per la comunità di una serata così: «Comunicare come si può spendere la vita per un ideale, come ha fatto don Giussani», ha risposto Santoro: «Perché la nostra terra sia illuminata dalla bellezza del Mistero e che tale bellezza diventi impegno per entrare nella realtà, per dare speranza, intervenire nelle vicende umane. E offrire anche metodi per vivere una solidarietà più vera, più reale e oggettiva: la fede che diventa opera».

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A monsignor Romanazzi, “don Gino”, storico responsabile della comunità locale che incontrò don Giussani quando era seminarista al Seminario teologico di Molfetta, il compito dei saluti: «L’incidenza di don Giussani a Taranto è presente da cinquant’anni. La sua persona è molto cara, ha generato la speranza di molti. Questa serata rende evidente che è una storia che continua oggi con la presenza di tante persone, adulti, giovani e ragazzi affascinati dal suo carisma». Un’occasione, quindi, per tanti tra i presenti, non di una commemorazione, ma di scoprirsi grati per una storia da cui si è stati presi.