Miro Fiordi (Foto Archivio Meeting Rimini)

Il "ragioniere" dalla fede limpida

«Ha reso testimonianza del suo amore per Cristo con intelligenza e operosità infaticabile». Padre, banchiere, benefattore, alpinista... Ecco chi era Miro Fiordi, morto il 10 marzo scorso
Stefano Filippi

Banchiere, assessore, alpinista, consigliere economico, benefattore, volontario, e forse tante altre cose ancora che familiari e amici scopriranno dai racconti di chi lo conobbe. Tutto questo era Miro Fiordi, scomparso a 67 anni il 10 marzo scorso. «Banchiere di razza con una grande sensibilità verso i temi sociali», l’ha definito Il Sole 24 Ore. «Punto di riferimento del mondo finanziario che ha sempre cercato di unire l’impegno civico e sociale», gli ha fatto eco La Provincia di Sondrio, il quotidiano della sua città. «Un amico grande, che con fede forte e luminosa ha reso testimonianza del suo amore per Cristo con intelligenza e operosità infaticabile»: così lo ricorda Davide Prosperi, presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione. Al funerale, celebrato nella parrocchia dei Santi Gervasio e Protaso di Sondrio, i figli hanno detto che molti si chiedevano quale fosse il “segreto” di quest’uomo sempre legato alla sua terra, inserito profondamente nel cuore dell’economia e della finanza nazionale, generoso, competente, lieto. Il suo segreto era semplice: «Quello che lo muoveva era la fede. Trattava tutto testimoniando Gesù», hanno affermato i figli.

Fiordi era stato protagonista della crescita del Credito Valtellinese: entrato da sportellista, ne divenne amministratore delegato e presidente. La “piccola” banca del profondo Nord arrivò a operare in undici regioni con oltre 500 filiali. La preparazione tecnica e la volontà di impegnarsi lo portarono a diventare numero due dell’Associazione bancaria italiana, dove era apprezzato per la competenza e la capacità di dialogo. Nel 2018 aveva lasciato la banca ed era tornato a Sondrio «con umiltà e semplicità», come ha rievocato al termine delle esequie don Paolo Sottopietra, superiore della Fraternità sacerdotale San Carlo che Fiordi ha sostenuto fin dagli inizi «con passione e dedizione fraterna». Un anno fa l’Arcivescovo di Milano l’aveva voluto alla guida del Museo Diocesano. Nelle stesse settimane il “ragioniere” - così molti continuavano a chiamarlo in città - aveva messo la sua lunga esperienza al servizio anche della Fraternità di CL.

«Miro ci ha testimoniato molte cose», ha detto nell’omelia funebre il parroco della Collegiata, don Christian Bricola. «Ci ha fatto vedere la bellezza dell’incontro con il Signore: possiamo imbatterci nelle persone, vederle e perfino parlarci, ma incontrarle è un’altra cosa. E lui ha certamente incontrato Cristo, come si è visto da come ha affrontato la malattia. Ci ha mostrato anche la bellezza dell’incontrarci e della compagnia. Per molti è stato un amico e un compagno di viaggio, uno che provocava domande e apriva i cuori. Per lui la compagnia non nasceva dall’affinità o dall’interesse, ma era fondata nel Signore». Un «cristiano esemplare» per il vescovo di Como, il cardinale Oscar Cantoni, che ha fatto arrivare un messaggio alla famiglia: «Ho ammirato in lui la passione per l’impegno professionale messo a disposizione di tutti, capace di coniugare il dono della fede con la promozione del bene comune».

LEGGI ANCHE Bari. Il volto più umano della pace

Lo stesso “debito di gratitudine” confessato anche da monsignor Massimo Camisasca, amico di lunga data di Fiordi e della sua famiglia: «Ho seguito tutto il suo cammino fino ai livelli più alti della dirigenza bancaria e ho sperimentato la generosità della sua amicizia, la sua fede profonda e lieta, capace di attraversare ogni turbolenza». Una fede «fresca e limpida», secondo un altro dei suoi amici, l’avvocato Cesare Pozzoli, vicepresidente della Fraternità di Cl, «che ho visto il giorno del funerale negli occhi della moglie Angela e dei figli. Miro ha vissuto la fede come cultura e presenza, mettendo la sua vita a servizio del territorio e della comunità». Anche nella malattia. Fiordi non ha mai perso la speranza, come documentano i messaggi che mandava agli amici dall’ospedale. Come alla vigilia del trapianto di midollo, avvenuto agli inizi di febbraio senza però che invertisse il corso del male: «Cari amici, il mio cammino procede veloce, è stato trovato un donatore compatibile. Deo gratias. Sono lieto e sereno per questa bella novità. “È bella la strada per chi sa bene dove andare!” (Chieffo). E la strada è verso Gesù attraverso le circostanze della vita di ognuno, guidata dall’affascinante avventura della nostra compagnia».