Il concerto nella basilica di San Nicola a Bari

Bari. La cavalcata dell'eterno

Un concerto nell'antica basilica di San Nicola per celebrare don Giussani, sulle note di Schubert eseguite dal Quartetto Guadagnini. Il racconto della serata e il saluto di monsignor Filippo Santoro
Paolo Perego

Una serata speciale per Bari quella del 7 novembre, tra le navate della basilica di San Nicola, nel cuore della città vecchia. Uno dei luoghi più importanti della cristianità italiana e non solo. Protagonista ancora una volta, nell’anno del Centenario della nascita, don Giussani, celebrato partendo dalla sua passione per la musica e per la bellezza. Ai piedi dell’altare, sulle note de La morte e la fanciulla di Franz Schubert, si è esibito il Quartetto Guadagnini, realtà musicale di caratura mondiale, preceduto dalla proiezione di alcuni video tratti dalla mostra virtuale dedicata al Fondatore di CL.

“Don Giussani e la ricerca della bellezza”, il titolo della serata promossa dal Centro culturale del capoluogo pugliese: «Per Giussani la bellezza passava anche per la musica, per questo abbiamo scelto quest’opera di Schubert che gli era tanto cara, insieme ad altre che sono state raccolte in una collana dedicata, “Spirto Gentil”, e introdotte da lui stesso», ha spiegato Costantino Esposito, filosofo e storica figura del movimento pugliese, presentando i musicisti con la lettura del commento di Giussani al brano del compositore austriaco.

Prima di lui, l’intervento di Francesca D’Amico, responsabile della comunità di CL di Bari, ad accogliere la platea affollata e le tante autorità cittadine e ecclesiastiche intervenute, tra cui il vicario dell’Arcivescovo di Bari-Bitonto monsignor Giuseppe Satriano, impossibilitato a presenziare di persona, e monsignor Filippo Santoro, Arcivescovo di Taranto e Delegato pontificio per i Memores Domini, che ha portato il suo saluto (qui sotto le sue parole).

Il Quartetto Guadagnini

«Quella di stasera non vuole essere la commemorazione o il ricordo di un grande uomo del passato, ma l’occasione per accorgerci di nuovo, anzitutto noi, e dare testimonianza di ciò che il carisma di don Giussani ha generato e continua a generare oggi», ha detto la D’Amico ricordando anche l’Udienza di papa Francesco a CL del 15 ottobre: «Con questo concerto desideriamo comunicare la bellezza alla quale ci ha introdotti don Giussani, che per lui, come per noi, è oggetto di una scoperta continua e appassionata e detta il passo di tutta la vita. Siamo grati e commossi per l’incontro che abbiamo fatto e che determina il gusto, l’intensità di vita di ciascuno, quale che sia la circostanza che è data da vivere. Questo incontro è vivo oggi e la presenza di chi ha deciso di partecipare a questa serata è la testimonianza “ora” del fascino e dell’attrattiva di Cristo».


Il saluto di monsignor Filippo Santoro

Don Giussani chiama questo Quartetto in re minore: «La cavalcata dell’eterno» che Schubert aveva intitolato La morte e la fanciulla (Der Tod und das Mädchen), indicando i protagonisti del dramma, che si sviluppa nei quattro movimenti segnati da violente irruzioni musicali e da profondi respiri di requie. Non è la cavalcata della morte, ma dell’eterno che abbraccia anche la morte.
Diceva il cardinale Newman che i cristiani devono difendere la ragione e don Giussani specificava che «la ragione è la capacità di rendersi conto del reale secondo la totalità dei suoi fattori» (Il senso religioso, p. 17).
Ora nella realtà c’è qualcosa che non definiamo noi e che noi non vogliamo: è la morte. Questa è l’affermazione che noi siamo finiti, siamo fatti e vogliamo l’infinito. Nella realtà c’è qualcosa d’altro che intuiamo e che desideriamo. Per essere sintetici: questo infinito, questo qualcosa d’altro è diventato un uomo, Verbum caro factum, e continua vivo in mezzo a noi nel suo corpo misterioso, la Chiesa. E il carisma di don Giussani, generato dallo Spirito, ci ha reso affascinante e persuasiva la fede rendendo possibile la nostra conversione.
Abbiamo anche sentito la presentazione di questo quartetto fatta da don Giussani: «L’ultimo movimento descrive quello che noi affermiamo quando diciamo che la realtà è segno. La morte non è l’ultima parola, così come la corruzione delle forme non è la verità delle cose. Ecco infatti che la vita, che sembra finire, non muore, ma cammina dentro l’eterno, come dice una canzone di Adriana Mascagni: nell’essere tu fammi camminare. La quarta parte, che possiamo chiamarla la cavalcata dell’eterno, è la descrizione di una vibrazione positiva e vittoriosa, come una cavalcata».
Ora pensate che cosa grandiosa è il fatto che a questa cavalcata partecipa ciascuno di noi in modo cosciente, perché toccato e raggiunto dal carisma.
Per questo celebriamo i cento anni della nascita di Giussani, gli anni della sua cavalcata verso l’eterno che ci ha coinvolti. Una cavalcata incalzante che non ignora le fragilità e le cadute, ma che procede sostenuta da qualcosa che ci precede, provoca la nostra libertà e ci fa cercatori del destino che ci primerea, ci precede come dice Papa Francesco. È una cavalcata che non facciamo da soli, ma in un cammino comune.
Il Papa, parlando di don Giussani, il 15 ottobre in Piazza San Pietro ci ha detto: «Non è una mera nostalgia ciò che ci porta a celebrare questo centenario, ma è la memoria grata della sua presenza: non solo nelle nostre biografie e nei nostri cuori, bensì nella comunione dei santi, da dove intercede per tutti i suoi».
Poi il Papa, come un padre, ci ha rivolto parole di forte incoraggiamento e di richiamo. «Bisogna ringraziare padre Julián Carrón per il suo servizio nella guida del movimento durante questo periodo e per aver mantenuto fermo il timone della comunione con il pontificato. Tuttavia, non sono mancati seri problemi, divisioni, e certo anche un impoverimento nella presenza di un movimento ecclesiale così importante come Comunione e Liberazione, da cui la Chiesa, e io stesso, spera di più, molto di più». Ed ha aggiunto: «Carissimi, abbiate a cuore il dono prezioso del vostro carisma e la Fraternità che lo custodisce, perché esso può far “fiorire” ancora molte vite, come ci hanno testimoniato Hassina e Rose. La potenzialità del vostro carisma è ancora in gran parte da scoprire, ancora c’è gran parte da scoprire».
Nelle parole del Papa ho sentito l’invito pressante di un padre per cui non possiamo perdere un istante. Questo mi ha fatto tornare al 1984, quando don Giussani lanciò lo slogan “svuotiamo lo stivale” per la missione nel mondo ed è nata una fioritura missionaria di tutto il movimento in Italia negli ambienti del vissuto quotidiano e nei vari continenti. E allora anch’io sono partito di qui, da Bari, in missione per il Brasile. Don Giussani mi ha detto: «Noi non ci muoviamo per un piano di espansione, ma serviamo la Chiesa, rispondiamo agli inviti dei Vescovi. E qui c’è l’invito del Cardinale di Rio de Janeiro che chiede un sacerdote per insegnare nella Università Cattolica di Rio e per cominciare il movimento». E così il 15 ottobre 1984 sono partito.
Sempre Papa Francesco a Roma ci ha dato un compito specifico: «Vi invito ad accompagnarmi nella profezia per la pace - Cristo, Signore della pace! Il mondo sempre più violento e guerriero mi spaventa davvero, lo dico davvero: mi spaventa -; nella profezia che indica la presenza di Dio nei poveri, in quanti sono abbandonati e vulnerabili, condannati o messi da parte nella costruzione sociale; nella profezia che annuncia la presenza di Dio in ogni nazione e cultura, andando incontro alle aspirazioni di amore e verità, di giustizia e felicità che appartengono al cuore umano e che palpitano nella vita dei popoli. Arda nei vostri cuori questa santa inquietudine profetica e missionaria. Non rimanere fermi».
Qui l’immagine della cavalcata c’è tutta. Una cavalcata entusiasmante a cui tutti siamo invitati. La bellezza di una grande pagina musicale, suonata da un grande quartetto; la bellezza della profezia; la bellezza di un compito, di una cavalcata in cui l’eterno nel tempo ci sostiene. Facciamola insieme!
Grazie al Quartetto Guadagnini per la preziosa esecuzione, grazie ai Padri domenicani della Basilica di San Nicola qui a Bari che ci ospitano, grazie a tutti voi.
Monsignor Filippo Santoro