Libri dell'estate. «Ho visto che conviene»

Il giornalista de "Il Foglio" commenta le pagine del libro di Marco Bardazzi dedicato a Enzo Piccinini, "Ho fatto tutto per essere felice" (da Tracce, giugno 2021)
Matteo Matzuzzi

Che tipo strano, quel chirurgo del Sant’Orsola. Il pubblico si rigirava tra le mani il volantino che presentava l’evento in programma. C’era scritto «Il paziente. Una persona prima che un malato». Pensava, chi aveva preso posto in sala, di partecipare a un dibattito sulla sanità locale. Quel medico diceva invece che «la malattia, il dolore, la morte sono il segno che più mi ricorda che l’uomo ha un limite e che la vita umana non può vivere al di fuori di questa consapevolezza». Si scaldava pure, di colpo rinvigorito nonostante la giornata passata in sala operatoria.

Enzo Piccinini era un capopopolo e sapeva di esserlo. Se ne accorge subito anche chi non l’ha conosciuto, immergendosi in una storia fatta di quattro, cinque vite vissute contemporaneamente riallacciate con cura in questo libro da Marco Bardazzi. Dal «novità?» con cui svegliava colleghi e amici all’alba, alle assemblee universitarie e al lavoro in reparto. Sempre presente, ovunque. Mosso dalla «febbre di vita» che lo portava a non volersi perdere nulla: ogni istante doveva essere maggiore di quello appena vissuto. Metteva il cuore in ogni cosa che faceva, anche se si trattava di fare in modo che un’amica a New York non avesse le tazzine da caffè spaiate. L’uomo era sempre al centro: chiedeva ai suoi ragazzi – che oggi, a distanza di anni, applicano nel lavoro quotidiano quella lezione – di studiarsi le cartelle cliniche arrivate da mezza Italia, spesso casi disperati. Li esortava a scavare a fondo, a interrogarsi e a lasciare da parte il mero aspetto tecnico, tenendo a mente che dietro a quella cartella medica c’era una persona. Bisognava mettersi in discussione, proprio come aveva fatto lui, che appena poteva andava in America per imparare.

Era il suo metodo: «Non c’è bisogno di teorizzare il servizio al malato, lo si fa per davvero! Proprio perché questo è un acuto senso cristiano della vita e perché per me “cristiano” significa “umano”, io sto nel cristianesimo. Altrimenti non starei nel cristianesimo nemmeno dipinto sul muro, e non è che non avessi alternative. Se ho scelto questo stile di vita è perché ho visto che conviene». E lo diceva lui, che era stato messo davanti al dubbio se seguire Marx o Cristo.

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Aveva cercato maestri ovunque, ma decisivo fu l’incontro con don Giussani, da cui assimilò inflessioni, gestualità e soprattutto il metodo. «Io ho fatto tutto per questo, per essere felice», diceva. Era davvero uno a cui si capiva che era accaduto qualcosa di importante nella vita.


Marco Bardazzi
Ho fatto tutto per essere felice
Bur
pp. 240 - € 16