Il concerto di Rimini (©Archivio Meeting)

Chieffo, non solo per il suo popolo

Più di due ore di musica al Meeting di quest'anno per celebrare il cantautore forlivese, con grandi musicisti e interpreti internazionali
Paolo Cremonesi

Diciamo subito che il “Claudio Chieffo Charity Tribute” che ha chiuso il Meeting 2022, al netto delle finalità benefiche dell’iniziativa (la presentazione del doppio cd in cui venti artisti reinterpretano cover di Claudio e i cui proventi vanno ad adozioni a distanza) e dell’anniversario per i 15 anni dalla morte del cantautore romagnolo - come non ricordare l’ultima struggente esibizione proprio a Rimini nel 2006 - è, prima di tutto, un gran bel concerto.
Due ore e un quarto di buona musica e testi profondi scivolano leggere come durassero pochi minuti. Merito degli artisti, della scelta di una scaletta che alterna brani celebri ad altri meno, del gran lavoro fatto sugli arrangiamenti, di una band di strumentisti in stato di grazia e che coinvolge anche le guest star.

A fare gli onori di casa i due fratelli Chieffo: Martino primogenito, bassista del gruppo (che presenta anche un brano dal suo primo cd appena inciso) e Benedetto, a cui si deve l’idea di coinvolgere grandi cantanti con le canzoni del “babbo”. Per nulla intimoriti, almeno apparentemente, dalla complessità dell’operazione, i due cantano, presentano, duettano, scherzano anche sui propri limiti.
Il concerto inizia con la lettura di un racconto di Chieffo. Siamo a Praga nel Natale 1988 in piena Cortina di ferro. Le luci si spengono alle 20, i telefoni sono controllati. Sembra di vedere il cantautore correre tra la neve da una chiesa all’altra per brevi concerti clandestini a lume di candela. Il cuore caldo dei ricordi di casa, di fronte la gelida realtà del regime. Chieffo pensa alle decine di musicisti incontrati. Che suonano magari nell’anonimato. Che non avranno mai successo. Che spariranno nell’oblio. E si domanda: perché lo fanno?

La risposta arriva dalla prima canzone in scaletta cantata da Benedetto: I musicisti. Brano poco conosciuto, spalmato sul fraseggio al piano di Pietro Beltrani, che descrive l’appassionato desiderio del cuore dell’artista di accedere ad una felicità, di trovare Dio attraverso la musica. Subito dopo è la volta, ancora per la voce di Benedetto, di Una vita (scritta dopo la strage di Piazza Tienanmen del 1989) e La nave dedicata a Francesco De Gregori.
Giacomo Lariccia è il primo degli artisti ospiti: oltre a suonare magnificamente La canzone del melograno, brano presente nel doppio cd, il cantante e chitarrista propone anche una sua composizione Limiti, accompagnato al violino da Francesco Moneti dei Modena City Ramblers.

È il momento di Martino Chieffo. Che esordisce con Martino e l’Imperatore. I fiati di Massimo Ghetti e Michele Paolizzi rivestono la canzone di un originale sapore orientaleggiante. È poi la volta, come già scritto, del brano inedito Parole leggere (gran fraseggio di chitarre acustiche ed elettriche di Paolo Forlani e Maurizio Cercone) e dei sei minuti de Il viaggio, unica canzone del padre inserita da Martino nel suo album.
Una introduzione prog-rock anni Settanta (che premia l’infaticabile lavoro alle percussioni di Stefano Valli) porta diretti a due classici: Ho un amico e I cieli. Il pubblico le canta a squarciagola. Come sarà più in là per Il popolo canta e La strada. Ancora una volta scopriamo come queste canzoni siano diventate ormai dono diffuso: una volta un giornalista, intervistando Chieffo, osservò che «lei non ha un pubblico che la segue, ha un popolo».

La canzone dell’ideale ci porta dritti all’esibizione della ceca Markéta Irglová. Spendere parole sul talento di questa cantante naturalizzata islandese è tempo perso: basta ascoltare Falling slowly, Premio Oscar tratto dal film Once, in duetto con Martino, e My roots go deep da Lila, dal suo ultimo album. Marketa racconta della presenza impalpabile di Chieffo durante la registrazione di Padre e ripropone lo stesso brano dal vivo con Benedetto. È una personalità magica che sembra uscire da terre misteriose e lontane di elfi e cavalieri ma che parla a Rimini di un «Dio come amore e di un amore come Dio».

Dall’Islanda a Brescia. Cosa unisce il front man dei Timoria, esponente di punta di un rock alternativo con le meditate ballate di Chieffo? Lo spiega dal palco lo stesso Omar Pedrini (che nel disco e nel concerto ha scelto Favola), grazie alla scoperta di essere padre di due maschi e una femmina proprio come nella famiglia Chieffo e di stare alle prese da anni con una serie di gravi problemi cardiovascolari, «che affronto», racconta, «con l’aiuto della scienza ed il benestare di Dio». I brani suonati, offerti a voce piena e senza risparmio di energie com’è nello stile di un rocker di razza, sono Sole spento («una mia canzone che spesso mi chiedono per ricordare il dramma dei carcerati») e appunto Favola («che da ora in poi inserirò nella scaletta dei miei concerti»).

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Ancora un delicato intreccio di chitarre acustiche, stile west coast, introduce a Il fiume e il cavaliere. Viaggio verso l’ultima artista ospite del concerto: Mirna Kassis. Siriana, giunta in Italia dieci anni fa, è rimasta bloccata nel nostro Paese a causa del conflitto mediorientale. Con la sua struggente interpretazione di Reina de la Paz, scritta da Chieffo dopo gli attentati di Madrid del 2004, il Meeting prega e piange tutte le vittime delle guerre, passate e in corso. Come cantiamo commossi insieme ai due fratelli in E verrà, brano finale in scaletta: la morte non è l’ultima parola su tutte le brutte possibilità della storia.

L’avventura, che sdogana le ballate di Chieffo dall’angusto recinto della canzone religiosa verso territori inesplorati, è appena iniziata. Al momento si può acquistare l'album in formato CD sul sito, mentre dal 9 novembre sarà disponibile anche sulle principali piattaforme online, anticipato a ottobre dal lancio di alcuni singoli.