Verso le Europee. Partire da un "dato"

Dall'esperienza "vissuta" del bene comune al muoversi per capire di più cosa c'è in gioco. Fino al criterio con cui mettere una croce sulla scheda. Ecco come può accadere prendendo sul serio, una per una, le domande del volantino di CL...

Provo a rispondere a ciascuna delle cinque domande del volantino di CL sulle Europee. La prima, intanto. L’esperienza che vivo è l’esperienza del dono, del “dato”. Poche cose sono così oggettive come l’evidenza del “dato”: i pregi e difetti, le circostanze buone e quelle difficili… Tutto è dato, è grazia. Vuol dire che non l’ho fatto io e che non è “mio”, non è mia creatura. È qui l’origine del bene comune: se non è esclusivamente mio, per sua natura chiede di essere condiviso, e io desidero condividere quello degli altri. Anzi, l’altro stesso è un dato, dato anche a me. Così, il bene comune è esperienza del riconoscimento del Mistero che dà, che fa e che attira a sé.

In questo senso, mi accorgo che il mio primo contributo al bene comune accade tra il lavoro e la famiglia. Sono un piccolo imprenditore e nel tempo ho imparato a vivere il mio impegno come una dedizione a una cosa non mia, ma che mi è stata affidata. Questo per me ha assolutamente una rilevanza sociale e politica: partecipare alla costruzione di una impresa avendone la responsabilità ultima ha una valenza sociale perché un'azienda risponde al bisogno della società stessa, crea lavoro, condivisione, appartenenza, rende partecipabili e concreti dei principi, dei valori e uno scopo. Ma ha anche una valenza politica, perché suggerisce un impegno al cambiamento, indica delle ipotesi di trasformazione e di mediazione, è uno sprone per le istituzioni.

La famiglia, dal canto suo, è un contributo fondamentale al riconoscimento del nesso che sta alla base della socialità, la possibilità di “generazione”, in tutte le sue forme.

Anche un centro culturale come quello con cui collaboro, quando vissuto come una possibilità di ascolto, confronto e condivisione di esperienze vitali, e offerto a tutti, non può che essere parte di questo bene.

Ancora, il volantino domanda dei valori europei. Io li vedo incarnati in tantissime declinazioni. Nella internazionalizzazione del lavoro, per esempio, e nelle comunità come CL e altri nei movimenti che cercano nuove relazioni. Poi li vedo nei ragazzi dell’Erasmus. Ma si può ripercorrere anche la storia per sorprendere quella capacità dell’Europa di operare dei cambiamenti come la caduta del comunismo, senza spargimento di sangue. La stessa esigenza di andare oltre all’attuale assetto istituzionale davanti a problemi come l’immigrazione, o quella di una politica estera comune… E come non guardare all'azione del Papa e della Chiesa di fronte al dramma della povertà.

LEGGI ANCHE - Verso le Europee. In un aperitivo, il gusto del vivere

Oggi, davanti all’appuntamento con le urne, prevale in me il tentativo di capire, di ascoltare gli altri, di confrontarmi. Ho partecipato a vari incontri e ho contribuito alla organizzazione di un dialogo con il centro culturale in cui sono impegnato, con l’unica preoccupazione di capire di più per andare a votare senza “turarmi il naso”.

Per questo occorre un criterio, un "giudizio comune" che nasca dal mettere in comune esperienze, esigenze e idee, con il desiderio che si manifesti la comunione tra noi. Questo va dall’aiutarsi a capire i termini specifici del problema e le sue implicazioni con la vita e con il compito di ciascuno, fino alla decisione personale di chi votare, lasciando che quel criterio indicato dal movimento e dalla Chiesa diventi il proprio. Ciò che mi attira di più è proprio la possibilità di fare esperienza di questo giudizio comune.

Paolo, Bologna



«Da dove ripartire? Che senso ha impegnarsi per il bene comune? Tu che esperienza vivi?». Leggi il documento che CL ha preparato in vista del voto di maggio e manda il tuo contributo a redazione@tracce.it