Vacanze. L'esperienza non si pianifica

Non un format da applicare, ma una verifica da fare. Così, una convivenza piena di difetti organizzativi diventa l'occasione per ripartire e ricordarsi che «Io sono mistero a me stesso». Ecco quello che è capitato agli amici di Arona, Novara e Domodossola

Ho ancora negli occhi i volti e gli sguardi degli amici che ho lasciato al termine della vacanza a San Domenico di Varzo delle comunità di Arona, Novara e Domodossola. Sono volti e sguardi colmi di gratitudine e di commozione per quanto accaduto nei giorni passati insieme.
Non siamo efficientissimi e non sono state vacanze “perfette”, anzi spesso ci perdiamo qualche pezzo per strada, ci siamo mossi tardi per l’albergo, le testimonianze o gli incontri, con il rischio di non trovare disponibilità. Un amico che era in vacanza con noi e che ci ha conosciuto da poco ha detto che le nostre sono vacanze “last minute”. Questo però obbediva anche a un altro criterio, non quello dell’improvvisazione, ma il desiderio di accettare la sfida della verifica del tema che ci siamo dati per la vacanza: “il cammino al vero è un’esperienza”. Così ci siamo trovati noi, senza rete: non un format da applicare ma una verifica da fare. Mi sono ritrovato non a “preparare” la vacanza, ma a “prepararmi per” la vacanza. Abbiamo certamente elaborato ipotesi di proposte, un film (Will Hunting – Genio Ribelle) che aveva colpito Giulio sul tema dell’esperienza e della verifica, una testimonianza di un amico speciale da lontano, la lettura integrale dei Cori da La Rocca di Eliot con l’aiuto di Lorena e Daniele che hanno esperienza in ambito teatrale, le serate, le gite. Tutte cose che abbiamo poi fatto. Ma la cosa per me incredibile è stata come si è sviluppata la vacanza e ciò che è accaduto a noi nel viverla: il desiderio di scoprire giorno per giorno, guardare, assecondare e andar dietro a ciò che emergeva nell’esperienza tra noi.

Il primo giorno abbiamo fatto un’assemblea ponendoci domande come: «Dopo tutto il percorso dalla Giornata di Inizio anno, agli Esercizi della Fraternità, ad oggi, come possiamo dire che quanto abbiamo ascoltato, meditato è diventato nostro? Possiamo dire per noi che il cammino al vero è un’esperienza? E cos’è l’esperienza?» Lanciata la sfida abbiamo provato a guardare in faccia a queste domande, alla nostra esperienza in tutti i momenti della convivenza.
«I problemi si affrontano approfondendo la natura del soggetto che li pone». Una bella frase, nota a tutti. Ma cosa vuol dire per me? A gettare come una luce, un barlume su questo ci ha aiuto Mauro, ingegnere che vive e lavora da molti anni a Los Angeles, in collegamento via Skype dalla California dove era in vacanza con la comunità. Un dialogo serrato sull’esperienza, sulla vita, su cosa tiene nel marasma che ci prende e di fronte all’errore o dentro una realtà che misura tutto sulla performance. Mauro non ci fa una lezione su come si fa a vivere. La frase che ha colpito di più tutti è: «Io sono mistero a me stesso», quindi tutta la vita è un cammino di conoscenza di me e dell’avvenimento che mi ha preso, che investe tutte le circostanze e che dona un gusto inaspettato nel vivere.

Il dialogo con Mauro ha introdotto uno sguardo diverso: ci ha spostato. Come ha detto Alessio, ci ha fatto fare un passo. Lo si è visto dalle facce, nei dialoghi tra noi, nella disponibilità ad accettare le proposte fatte, implicandosi con esse non vivendole semplicemente da spettatori. C’era con noi anche don Nur (un missionario diocesano in Ciad che ha conosciuto i nostri amici di Mergozzo e che ha voluto fare con noi le vacanze durante il suo breve soggiorno in Italia): ha celebrato le Sante Messe e si è coinvolto in prima persona nel lavoro proposto, tanto da essere lui stesso, non del movimento, un aiuto a riprendere i contenuti e a guardare ciò che stava accadendo. E abbiamo capito la portata di quello che avveniva, forse, ancora di più nella terza assemblea che abbiamo fatto proprio per dar spazio a questa ricchezza che vedevamo.

Tutti gli amici intervenuti ci hanno detto nel raccontare di sé, di questo spostamento, di questo cambio di prospettiva. Come Lorena che ci diceva che è salita in vacanza con un desiderio dentro ma anche con un fondo di scetticismo che l’accompagnava da qualche tempo, tanto che aveva iniziato a mettere in dubbio anche la sua adesione al movimento. In vacanza però ha visto un qualcosa, un clima diverso. Diceva di aver respirato una pace che non conosceva prima e che desiderava per sé, fino all’incontro con Mauro e quel «sono mistero a me», che l’ha spiazzata e le ha donato una prospettiva diversa.
Oppure Matteo che è arrivato solo il penultimo giorno per stare con noi poche ore per problemi di lavoro. Giorgio lo sfida: «Ma che cosa sei venuto a fare?». Ma anche questa domanda apparentemente banale è per lui l’occasione di rispondere commosso: «Ero incasinatissimo tanto che fino all’ultimo stavo per cambiare idea, ma qui c’era qualcosa che non potevo perdere. E appena arrivato è bastato un istante perché Dio mi riprendesse».

E ancora Rosanna, che racconta di un anno difficilissimo gravato da malattie delle persone a lei più care durante il quale è crollato tutto il “castello” della sua vita. A nulla è valso il ricettario della “ciellina perfetta”. Dice che la vita è diventata un grido, una richiesta d’aiuto. Poi un amico sacerdote che le dice: «Tu hai bisogno di saltare nelle braccia di tuo Padre», come fa un bambino quando è disperato. E da lì desiderio di partecipare alla vacanza, non più come parte del “ricettario”, ma per non perdere quello sguardo su di sé.

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Per l’assemblea di domenica abbiamo pensato un percorso di canti che facessero emergere, vibrare e toccare dal di dentro dell’esperienza i contenuti che ci sta offrendo il cammino del movimento. Da lì siamo partiti, rilanciando la domanda su cosa abbiamo visto in questi giorni. Un’amica, che il primo giorno ci ha raccontato di un periodo drammatico che l’aveva portata ad allontanarsi anche dai rapporti più stretti degli amici del movimento, interviene di nuovo per rispondere. All’inizio della vacanza aveva detto che il termine “compagnia” era iniziato a starle stretto, lo sentiva vuoto, anche se aveva il desiderio di vivere rapporti veri, ora dopo i giorni vissuti ringrazia tutti perché ha scoperto su di sé uno sguardo vivo che non vuole più perdere.

Ma Chi sei Tu, che puoi spostarci e tirarci fuori dal buco della nostra misura, dei nostri casini in cui ci troviamo incastrati? È stato come rivedere il sì di Pietro, che abbiamo a conclusione della vacanza. Ma era chiaro dai volti intorno a me che non si è chiuso qualcosa. Anzi, siamo stati rilanciati in un cammino, più certo e più lieto, desideroso di non perdere la strada intravista.
Andrea, Novara