#GiornataTracce. La bellezza di proporre «ciò che abbiamo di più caro»

Torino, via Roma, dalle 14 alle 20. C'è chi ha preparato una mostra con frasi tratte dalla rivista, si distribuiscono gli articoli più interessanti. Arriva anche il coro alpino. Un'occasione per sperimentare cosa significa essere «Chiesa in uscita»

Un mese fa ci è stata proposta la “Giornata Tracce e, ancora prima, la possibilità di coinvolgerci nell’organizzazione. Ci siamo trovati alcune sere delle ultime due settimane con chi aveva risposto all’invito: un gruppetto di una dozzina di persone, le più diverse. «Perché vendiamo Tracce? Che cosa ci interessa comunicare? In un momento in cui mi sento incasinata su più fronti, perché coinvolgermi in questa iniziativa?».

Fin dall’inizio avevamo il desiderio che la giornata, ma ancor prima l’organizzazione, fossero un momento per noi, che c’entrasse con la nostra vita. Questo, insieme al desiderio di comunicare un orizzonte a 360 gradi e una bellezza da ricercare in tutte le vicende dell’attualità – due delle principali caratteristiche della rivista – ci hanno portato a pensare la forma della “Giornata Tracce”: un gazebo in cui ricreare un piccolo salotto che invitasse alla lettura, pannelli con spezzoni di articoli di Tracce dei mesi precedenti sulle tematiche di attualità (lavoro, Europa, immigrazione, testimonianze), copie degli articoli stessi da distribuire ai passanti, un momento di giochi per i bambini. Infine un momento di canti alpini, tratto cari alla nostra storia, ma anche al cittadino comune piemontese. È stato bello vedere come il contributo di ciascuno di noi abbia portato a costruire una cosa ricca e bella, curata anche nei dettagli. La preparazione è stata l’occasione di riscoprire Tracce e di fare esperienza della bellezza della nostra amicizia, la stessa che volevamo comunicare nella giornata.



Sabato pomeriggio, dalle 14 alle 20: la vendita, in via Roma, pieno centro di Torino. Sono state tantissime le persone della comunità di CL di Torino a partecipare, famiglie con bimbi, liceali e universitari, le “suorine” con le famiglie che seguono, e tanti altri amici… Come ha detto Enrico, «era da tempo che non facevo esperienza di un’unità così bella con tanti amici del movimento»; è stato un momento in cui innanzitutto noi ci siamo stupiti dell’unità e ci siamo gustati, come ha detto Giovanni, la bellezza dei nostri canti.

Soprattutto abbiamo potuto sperimentare come è vero quello che ha detto don Giussani: «Ci è stato dato il dono della fede perché lo abbiamo a comunicare… perché l’uomo conosca Cristo: questo è il compito di chi è chiamato e del popolo di Dio». Accanto all’esperienza di popolo, infatti, abbiamo vissuto la bellezza dell’incontrare le persone e del proporre «ciò che abbiamo di più caro».
Senza togliere la fatica dell’attaccar discorso o di reagire a chi esprimeva, non sempre in maniera gentile, il proprio disinteresse, rimangono impressi i tanti incontri fatti: una mamma peruviana e suo figlio che all’ascolto dei canti chiedevano «Chi sono questi?» e hanno lasciato il loro numero per essere invitati a un incontro, una signora con il marito ex alpino che al canto ha chiesto chi fossimo.

O ancora Kasimiro, un ragazzo rimasto senza lavoro e senza casa, che da alcuni mesi vive sotto i portici vicini al nostro gazebo e si è avvicinato incuriosito dai pannelli: con lui ci siamo ripromessi di farci compagnia nel corso del pomeriggio per poi ripassare a salutarlo anche la sera.

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È bello poter conoscere le persone proprio a partire da ciò che è significativo per la vita e poi ritrovarsele nel cuore.
Abbiamo potuto sperimentare la verità del richiamo di Papa Francesco ad essere segno di una Chiesa in uscita. L’apertura all’altro e la testimonianza sono realmente ciò che ci fa riscoprire la bellezza del cristianesimo e la grandezza della nostra natura, fatta per incontrare e per condividere l’umanità di chi ci sta intorno.
Alessandra, Beniamino e Marco (Torino)