Treviglio

#giornatatracce. «Tutt'altro che acquisito»

Sfogliare "Tracce" in attesa di un controllo medico e commuoversi per un articolo. Tanto da proporlo a tutti gli amici, invitandoli a fare la vendita pubblica del giornale. Il racconto di Luisella

Mio marito ed io siamo in coda al Cups per il controllo mensile degli esami. Abbiamo il numero 58, ma hanno appena chiamato il 3: «Bene, almeno un’ora di attesa». Tolgo dalla borsa Tracce di settembre e inizio a leggere gli articoli sul Meeting. Mi commuove che due uomini come Salvatore Abbruzzese e Antonio Polito si siano lasciati interrogare fino a cambiare opinione su quello che accade a Rimini. E che questo diventi per tutti, visto che uno dei due ha perfino scritto un libro sul Meeting.

Scrivo subito ai miei amici e li invito a leggere quell’articolo. E lancio l’idea di fare la “giornatatracce” anche per la nostra città. Qualcuno è perplesso: «Siamo in pochi, non abbiamo le forze…». Ma, soprattutto, alcuni giovani mi confidano una certa difficoltà nel mettersi a vendere la rivista di fronte a degli sconosciuti.

Rimango sorpresa: nella mia esperienza mi sembrava acquisito che il movimento non abbia mai proposto qualcosa che non fosse utile per ciascuno di noi. Come mai non è così evidente per loro?

Penso: «Non hanno mai letto Tracce…». Poi, però, ripensando al tema dell’“esperienza” come emerso durante la Giornata d’inizio anno e alla nostra storia, mi sono detta che le cose non si possono solo “dire” per provare a convincere.

Mi muovo io, e con alcuni che ci stanno vendiamo la rivista all’uscita alla nostra Scuola di comunità. Siamo in otto: con i giornali in mano invitiamo a prenderne delle copie da leggere e da proporre ad amici e colleghi. Alla nostra Scuola di comunità vengono una sessantina di persone, e quella sera vendiamo settanta Tracce. È molto bello. Mi trovo a parlare con persone che, di solito, saluto appena, e scopro che, anche alla Scuola di comunità, abbiamo tutti il desiderio di essere guardati e amati.

Perché non rilanciare la vendita anche “pubblicamente”, magari fuori da una messa, una sola, così se siamo in pochi ci facciamo compagnia? Si fa. Ed è una festa. La piazza è invasa di persone con in mano Tracce che incontrano, propongono, chiacchierano. Alla fine non rimane neanche una copia.

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Un amico mi dice: «La presenza di tante persone è stata una testimonianza e un aiuto a vincere l’imbarazzo e la timidezza che ho sempre avuto nel fare questo gesto». E un altro: «La prossima volta prepariamo dei canti da fare insieme, io porto la chitarra».
Luisella Treviglio (Bergamo)