Tende Avsi. Nella pandemia, con le famiglie più deboli

Dal sostegno nei Paesi in via di sviluppo all'Italia colpita dal Covid, dove nell'ultimo anno è cresciuta la povertà. L'Ong italiana sostiene il lavoro di realtà che già operano in varie regioni per aiutare 5mila famiglie. Ecco come
Maria Acqua Simi

Il ristorante, per quella famiglia, era tutto. Ma quando il covid arriva a colpire la città, oltre ai morti e agli ospedali saturi, anche l’economia ne risente subito. Niente più clienti, nemmeno quelli più affezionati. Eppure il padre, gestore del locale, le prova tutte per tenere in piedi l’attività che dà lavoro a lui, alla moglie e a uno dei figli. Gli altri, ancora adolescenti, vanno a scuola. O meglio, ci andavano. Non ce la fa, il ristorante chiude. Come tutto il resto. Sono mesi durissimi: serrati in casa, senza soldi, senza aiuto per pagare le bollette o il materiale scolastico per i ragazzi.

Siamo a Milano, anno di grazia 2020. I nuovi poveri sono qui e non si può fingere che non esistano. Anche per questo Fondazione Avsi, tradizionalmente impegnata in progetti di aiuto allo sviluppo o educativi in giro per il mondo, quest’anno dedica un progetto ad hoc all’Italia. Per aiutare queste famiglie, questi giovani studenti, le piccole medie-imprese colpite dalla pandemia. L’aiuto economico è importante ma fondamentale risulta l’accompagnamento delle persone e l’accesso ad opportunità educative per i ragazzi. Non fa tutto questo da sola, ma con l’intelligenza propria di chi ha a che fare con una carità operativa ma non esclusiva, si affida a realtà che già da tempo operano sul territorio, ben radicate nelle comunità locali: la Cooperativa Martinengo che lavora in collaborazione con l’Istituto delle Suore di Carità dell’Assunzione, il centro di aiuto allo studio Portofranco, l'associazione Resilience Onlus, la Croce Rossa, Caritas diocesane, scuole e molte altre realtà associative del territorio, i comuni e le autorità locali per garantire un sostegno materiale che risponda ai bisogni specifici di ciascuna famiglia. Dalla Lombardia, al Veneto, dall’Emilia Romagna alla Sicilia, passando per Lazio e Campania Avsi sta già operando e continua a progettare e creare opportunità per sostenere più di 5mila famiglie attraverso aiuti di varia natura.



Tra i giovani aiutati c’è ad esempio Riccardo, 19 anni, che a giugno ha sostenuto la maturità in un anno difficile. Come racconta suor Fulvia Ferrante della Casa di Sam (una delle realtà seguite dalle suore della Carità dell’Assunzione) «tanti ragazzi in quei mesi hanno proprio mollato la scuola il 24 febbraio e non si sono più visti. Ovviamente più le situazioni erano fragili più le fragilità si sono acuite, quindi le famiglie che magari già vivevano una situazione economica fragile si sono trovate in estrema difficoltà». Così Casa di Sam, oggi sostenuta anche da Avsi, si è adoperata per affiancare questi giovani studenti che rischiavano di abbandonare la scuola.

Anche gli educatori che durante l’anno seguono i ragazzi più fragili hanno dovuto reinventarsi nell’emergenza. «Come Avsi ci siamo quindi impegnati in un sostegno psicosociale ai bambini più vulnerabili favorendo le visite domiciliari degli educatori, e inserendo gli educatori stessi in percorsi di formazione per riadattare il loro lavoro in base ai nuovi bisogni dettati dal nuovo contesto. Un altro tipo di aiuto è rivolto proprio ai ragazzi che rischiavano di perdere l’anno scolastico a causa dell’impossibilità di seguire le lezioni: ci si è attivati per la fornitura di tablet e computer per la didattica a distanza ma anche nella distribuzione di dispositivi di protezione individuale o materiale igienico-sanitario», racconta Annalisa Costanzo, che segue il progetto per Avsi. Per chi ha perso il lavoro o l’attività è previsto poi un sostegno tramite cash transfer (trasferimenti monetari) per sostenere “i nuovi poveri”.

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Annalisa racconta che tutto questo non è invano. «Rispondiamo a bisogni reali, volti e storie che possiamo toccare con mano». Ci sono ragazzi, come Riccardo e altri, che grazie al sostegno ricevuto hanno potuto concludere l’anno scolastico che altrimenti forse avrebbero perso. Ci sono giovani, già fragili, che durante il lockdown hanno rischiato seriamente la depressione e che nel rapporto con gli educatori e grazie all’aiuto ricevuto sono riusciti a “tirarsi fuori”, a rialzare la testa e lo sguardo. Anche i loro genitori si sono sentiti accompagnati e non più soli nell’affrontare una situazione apparentemente insormontabile. Semplicemente perché hanno trovato qualcuno che li ascoltasse. Qualcuno che li ha presi per mano e ha detto loro che una speranza c’è. E quel qualcuno non sono solo gli operatori sul territorio, i volontari di Avsi, gli educatori. Quel qualcuno è ciascuno di noi. Perché come recita una di quelle vecchie poesie mandate a memoria dai nostri nonni, Cristo non ha mani. Ha solo le nostre per fare oggi il suo lavoro.