Romano Guardini (©Ansa-Sfor)

Guardini e Giussani. «La Chiesa si risveglia nelle anime»

Cento anni dalla nascita del fondatore di CL, ma anche un secolo dalla pubblicazione di uno degli interventi più decisivi del teologo tedesco. Una coincidenza, preludio di un legame più profondo
Carlo Fedeli

Verso la fine del 1922 l’editrice Matthias Grünewald di Magonza riunisce e pubblica le cinque relazioni che Romano Guardini aveva pronunciato, nei primi giorni di settembre dell’anno precedente, a Bonn, al convegno dell’Associazione dei Laureati Cattolici. Intitolate Vom Sinn der Kirche (Il senso della Chiesa) e pubblicate con la dedica «Alla gioventù cattolica», esse conoscono presto grande risonanza, soprattutto perché l’affermazione «la Chiesa si risveglia nelle anime» era stata «formulata da Guardini molto consapevolmente, perché proprio in essa la Chiesa era finalmente riconosciuta e sperimentata come qualcosa di interiore, che non sta di fronte a noi come un’istituzione qualsiasi, ma che vive in noi stessi» (J. Ratzinger, L’ecclesiologia del Vaticano II, in Aa.Vv., La Chiesa del Concilio. Studi e contributi, ISTRA, Milano 1985, p. 9.).

La circostanza più decisiva per la vita e l’opera di Guardini
La partecipazione di Guardini a quel convegno e le parole lì pronunciate assumeranno un significato decisivo per la sua vita e opera: attraverso quella circostanza egli divenne più consapevole della vocazione alla quale era chiamato nella Chiesa e in università. Da poco conseguita l’abilitazione, aveva cominciato a insegnare dogmatica e ricevuto la proposta di una cattedra di teologia pratica e scienza della liturgia, ma trovava questi ambiti disciplinari non corrispondenti alle sue attitudini e al compito ecclesiale ed educativo che le esperienze pastorali svolte fin lì con i giovani gli mostravano sempre più urgente. Al convegno dei Laureati Cattolici partecipò la moglie di un funzionario del ministero che aveva, nella Germania di allora, giurisdizione anche sull’università. Ella parlò di Guardini al marito, che a sua volta ne parlò al ministro. E questi, deciso a offrire anche a personalità rappresentative del cattolicesimo la possibilità di contribuire alla ricostruzione della nazione tedesca, riuscì a istituire, non senza difficoltà, una cattedra ad personam di Filosofia della religione e visione cattolica del mondo. Nella primavera del 1923 Guardini iniziò a insegnare da questa cattedra nella più importante università di Berlino - fino al momento in cui, nel 1939, il regime nazista lo costrinse anticipatamente alla pensione.

Come matura in Guardini la coscienza del «risveglio della Chiesa nelle anime»?
Non è facile rispondere a questa domanda, sul piano sia esistenziale - la vita e la vocazione di un sacerdote sono sempre, come per ogni cristiano, qualcosa in cui s’intrecciano misteriosamente, imprevedibilmente e con totale originalità tanti diversi eventi, fattori, decisioni - che storico. Su questo secondo piano, tuttavia, è legittimo domandarsi quali esperienze possono aver fatto maturare in Guardini la coscienza dalla quale è scaturita quella formula così felice.
Tra queste esperienze va annoverato anche l’incontro, avvenuto nell’agosto del 1920 (poco più di un anno prima del convegno di Bonn) con i giovani del Quickborn (un movimento giovanile cattolico che fra il 1913 e la fine della guerra si era diffuso in tutta la Germania) e ciò che questo incontro aveva cominciato a generare. Alcuni membri della Juventus di Magonza (l’associazione studentesca di cui Guardini era assistente ecclesiastico) avevano partecipato, nell’estate del 1919, al primo convegno nazionale del Quickborn, che si definiva un’esperienza di “rinnovamento cristiano che proviene veramente dal cuore”, restandone particolarmente colpiti. Guardini salirà così, l’anno seguente, al castello di Rothenfels, sede del movimento, portando con sé non solo la curiosità suscitata dal loro racconto, ma anche una buona dose di pregiudizi nei confronti del Quickborn, frutto della diffidenza circolante nella Chiesa tedesca riguardo al modo in cui esso cercava di realizzare nuove forme di vita cristiana, più corrispondenti alle esigenze e ai caratteri distintivi dell’adolescenza e della giovinezza».
Superato il pregiudizio iniziale attraverso la scoperta - commossa e sorprendente, come confessa egli stesso - dell’essenzialità e autenticità del tentativo del Quickborn, Guardini si lega subito a quei giovani e, dall’interno dell’esperienza che comincia a condividere, indirizza loro un certo numero di lettere per orientarli e accompagnarli nella formazione della loro personalità cristiana. Nascono così, nel giro di quattro anni, le Lettere sull’autoformazione.

Guardini, Giussani e il punto sorgivo, sul versante umano, della Chiesa
Nel periodo di formazione nel Seminario di Venegono Giussani ha modo di leggere alcuni testi di Guardini: «Il Signore […], poi L’essenza del cristianesimo, La figura di Cristo nel Nuovo Testamento e Il senso della Chiesa» (Conversazione con Luigi Giussani, in ISTRA, Annuario Teologico 1984, Milano 1985, pp. 131-135, qui p. 134). In attesa di ricevere dagli studi svolti in occasione del centenario ulteriori apporti alla conoscenza delle affinità e differenze tra le loro concezioni della realtà, del cristianesimo e dell’educazione (già oggetto di alcune prime interessanti ricerche) si può qui notare, oltre alla singolare concomitanza temporale fra la pubblicazione di Vom Sinn der Kirche e la nascita di Giussani, la consonanza tra l’affermazione di apertura delle relazioni di Bonn e l’individuazione che Giussani propone del momento sorgivo della fede e della Chiesa, sul versante dell’umano, nel fiat di Maria e nella professione di Pietro sotto la rocca di Cesarea di Filippo e in riva al lago di Tiberiade. Per entrambi la fede, l’esperienza cristiana e lo “spazio” in cui esse prendono corpo nascono dall’accendersi - in precise circostanze di tempo e luogo, attraverso determinati incontri, nella profondità più intima della persona (nell’ “anima”, per dirla con Guardini; nel “cuore”, col termine preferito da Giussani) e con il contributo misterioso di Dio stesso – di quel “sì” sorgivo di tutto, fiorito agli inizi in quella giovane ebrea e negli apostoli, e poi, via via, di generazione in generazione, fino al presente.

Analogie e risonanze
L’incontro con il Quickborn avrà conseguenze come pochi altri fatti nella vita di Guardini, analogamente a quanto accadrà per Giussani di certe lezioni in seminario o di determinati dialoghi con gli studenti in confessionale, in treno e a scuola. E come il coinvolgimento di Guardini con i giovani conosciuti a Rothenfels porterà, nel giro di pochi anni, ad una maturazione degli ideali, della fisionomia e dell’azione del Quickborn, così l’ingresso di don Giussani nella Gioventù Studentesca milanese dei primi anni Cinquanta si rivelerà fattore decisivo del suo risveglio, del suo rinnovamento e della sua trasformazione.
Di Guardini Giussani suggerirà, fin dai primi anni d’insegnamento al Berchet e di GS, la lettura di due testi: L’essenza del Cristianesimo e La fine dell’epoca moderna. Del primo egli sottolineerà in particolare, e continuerà per tutta la vita a citare, il punto focale della trattazione (la “pagina 12”, nella quale l’adesione a Gesù e la fede vengono introdotte dal paragone con il rapporto amoroso: «Nell’esperienza di un grande amore…»). Il secondo costituirà una delle letture che fanno da sfondo alla sua lunga riflessione sulla difficoltà di comprensione del cristianesimo per l’uomo e la cultura moderna e contemporanea – riflessione che la seconda premessa (“Difficoltà odierna nel capire il significato delle parole cristiane”) di Perché la Chiesa, il volume conclusivo del PerCorso (nel quale Il senso della Chiesa è più volte e ampiamente citato), porterà a sintesi.
Le cinque relazioni di Guardini a Bonn recavano, rispettivamente, i seguenti titoli: Il risveglio della Chiesa nell’anima, Chiesa e personalità, La via lungo la quale diventare uomini, La via verso la libertà, Comunità. Quest’ultima si conclude affermando che la Chiesa, nel suo essere e vivere come autentica comunità, “insegna a sapere vitalmente che ‘nulla serve all’uomo guadagnare il mondo intero, se deve soffrirne danno l’anima sua’”. La citazione evangelica è la stessa con la quale, il 30 maggio del 1998, don Giussani comincia la sua testimonianza davanti a Giovanni Paolo II (pubblicata poi, alla fine di quello stesso anno, come Introduzione a Generare tracce nella storia del mondo). Già da sola questa consonanza di consapevolezza sulla ragion d’essere più profonda della Chiesa suggerisce quale intima analogia di cuore, d’intelligenza e di senso della fede esista fra Guardini e Giussani, e quanto feconda possa risultarne la memoria e l’esplorazione.

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«Quanti dialoghi, quanta ricchezza e intensità»

«Quale era l’argomento delle nostre conversazioni serali? Esse prendevano le mosse da ciò che esattamente ci aveva fatto incontrare, i problemi dei giovani d’oggi e la loro mobilitazione. Per prima cosa abbiamo cercato di chiarirci qual è la nostra posizione rispetto alla Libera Gioventù Tedesca [una delle associazioni giovanili attive in quegli anni], e poi di qui sono venute da sé, una dopo l’altra, diverse domande sulla religione e sul cristianesimo. Niente di programmato; quello che ci sembrava importante, lo afferravamo e lo discutevamo; e quando si faceva tardi, e sentivamo di non avere ancora concluso l’argomento, o si apriva un’ulteriore questione, allora dicevamo: «ne parleremo domani sera».
Quanti dialoghi, così, si sono accesi e sviluppati! Con quanta ricchezza e intensità!
Una volta si è parlato della preghiera, del domandare e dell’adorare, e di come questo stia in rapporto con il vero concetto di Dio. Per due sere abbiamo parlato dei consigli evangelici - vi dico, mi ha fatto quasi paura, la forza con cui è stata afferrata la loro idea; il loro pensiero tornava di continuo ad affacciarsi! Un’altra sera abbiamo parlato della santissima Trinità. Quella volta, alla fine mi sono detto: prima d’ora, non hai mai sperimentato, così facilmente, qualcosa di tanto bello. Un’altra sera si è discusso della Chiesa, e delle tre grandi manifestazioni della sua essenza: il dogma, la liturgia, il diritto. Di come essa è per noi la via verso la libertà, e di come in essa tutte le forme di comunione umana trovano il loro compimento.
Tutto questo è venuto da sé, senza alcuna forzatura o programmazione. Uno poneva una domanda, un altro rispondeva, un terzo portava un’esperienza, e di nuovo un altro faceva presenti difficoltà o limiti. Così la conversazione si sviluppava e ciascuno si rendeva conto che, sotto ciò che veniva detto apertamente, in ogni anima c’era qualcosa che cresceva e che cercava di farsi strada e di venire a galla, da profondità silenziose».
(da R. Guardini, Die Abende im Rittersaal, in H. Hoffmann (hrsg.), Wehender Geist. Der zweite deutsche Quickborntag, Burg Rothenfels am Main, 1920)