L'incontro con Azurmendi, Franceschini e Cotelo

EncuentroMadrid. La politica? Inizia col desiderio che la vita sia vita

Il titolo di questa edizione era: "Alla ricerca del volto umano". I temi? Dai protagonisti della Bibbia all'eredità di Václav Havel, dalla sfida della scuola al dramma del perdono. Ambiti diversi nei quali emerge una stessa domanda: da dove nasce l'io?
Elena Santa Maria

Da dove nasce l’io? Che cosa modella il nostro volto di uomini? Che cosa dà un valore e un significato irriducibile a ogni persona? Con il titolo “Alla ricerca del volto umano”, EncuentroMadrid 2019, ha permesso di gettare luce su queste domande.
Già dalla prima tavola rotonda, Joseph Weiler, titolare della cattedra europea Jean Monnet della Facoltà di Diritto all'Università di New York, ha raccolto il guanto di questa sfida. Si può scoprire il proprio “volto umano” solo nella relazione con gli altri e con Dio: «Conosciamo il nostro volto non guardandoci allo specchio, ma vedendo come interagiamo con gli altri». Un’affermazione cha ha poi declinato con alcuni brani della Bibbia, durante un dialogo con Ignacio Carbajosa, docente di Antico Testamento dell’Università San Dámaso di Madrid e responsabile di CL in Spagna, che ha proposto una serie di passaggi dalle vicende del profeta Elia, «uno che prega davanti a Dio e gli chiede di rispondere ai profeti, al popolo e al re». Una lettura che ha messo in luce «l’audacia di Elia che porta sulle spalle la storia di Israele e che mendica l’ingresso di Dio nella storia». Da parte sua, Weiler ha proposto la storia di Abramo. In entrambi i casi è emerso come il rapporto con Dio sia una relazione basata sull’amore: «Per noi il vero miracolo sono i millenni che passano», ha detto Weiler: «Le persone continuano a credere senza miracoli. La fede non è irrazionale, perché non lo è l'amore».

La figura di Václav Havel, protagonista “politico” di questa edizione, ha messo davanti a tutti la provocazione per cui solo «vivendo nella verità» si può costruire e tornare alla radice vera dell’Europa. «Ciò che muove la politica non può essere un discorso, né una teoria, né un’azione, ma l’esigenza che la vita sia veramente vita», ha detto, parafrasando il Presidente ceco, il giornalista Ubaldo Casotto, curatore della mostra del Meeting di Rimini qui riproposta (assieme all'esposizione "Guarda con i loro occhi", realizzata dalla Ong Cesal, e a "Il mistero del volto umano. Secondo il pittore Georges Rouault"). Casotto ha anche parlato della responsabilità dei cittadini: «La nuova Europa deve riscoprire la sua libertà. La coscienza e la responsabilità sono legate all’uomo. Diceva Havel: “Mi interessa chi fa del bene senza essere visto”. La coscienza è la ragione per cui quando sei solo ti comporti come se qualcuno ti stesse guardando. Gli europei ormai ci credono sempre meno». E ha concluso: «Il cambiamento del mondo non può che iniziare se esiste qualcosa per cui valga la pena vivere. Solo partendo da qui, a questo livello, sebbene diversi gli uni dagli altri, possiamo incontrarci».
Rocío Martínez-Sampere, direttrice della Fondazione Felipe González ed ex deputata socialista al Parlamento spagnolo, non ha nascosto il suo fascino per la figura di Havel e ha voluto dare una testimonianza personale della sua esperienza e del suo modo di fare politica, «qualcosa che non è mai rimasto solo una particolare dimensione della mia vita». Ed si è detta molto colpita dalla mostra: «Quando facevo politica portavo le mie idee e cercavo di difenderle in modo liberale. Se vai “oltre”, quando cerchi di capire l’altro, rimetti tutto in gioco, e i dubbi arrivano. Havel è un “invito al dubbio”e mi ha riconciliato con molti dei miei».



A EncuentroMadrid si è parlato anche di educazione. Protagonisti, quest’anno, il rettore dell'Università autonoma di Madrid, Rafael Garesse, e il matematico francese Laurent Lafforgue. Entrambi hanno messo in luce come il riaccendersi di una attrattiva e il gusto dell’imparare siano possibili solo attraverso le figure di maestri che, con generosità e disponibilità, accompagnino gli studenti in questo viaggio. «Gli insegnanti devono diventare maestri», ha spiegato Garesse: «Un buon insegnante non è colui che dà una buona lezione, ma chi si preoccupa che i suoi studenti sperimentino la passione del conoscere, la bellezza del sapere e il desiderio di crescere nella vita».

Lafforgue, parlando del sistema francese, ma estendendo l’osservazione al resto dell’Europa, ha parlato di una “frattura” che si sta verificando nella società: «Negli ultimi decenni, l’istruzione ha smesso di essere un ambito di trasmissione di conoscenza e saggezza. Di conseguenza, anche l’educazione umanistica, basata sull’apprendimento delle lingue e della letteratura, ha cominciato a scomparire». Lo stesso vale per l’insegnamento della storia, una materia con sempre meno attrattiva. Una tendenza non tanto legata a un disegno particolare, ma piuttosto a «una perdita del senso di ciò che viene insegnato, riflesso del nichilismo che ha invaso la nostra società».

Un altro momento clou di EncuentroMadrid è stato il dialogo con il Segretario dei Vescovi spagnoli, monsignor Luis Argüello, che ha sottolineato come, in questo momento in cui tante certezze condivise sembrano venir meno, tornano a emergere molti bisogni comuni a tutti: la nostalgia della verità, della libertà e della dignità. Ma questo, ha detto Argüello, apre una straordinaria opportunità per incontrare Gesù, perché «il compito della Chiesa è quello di ascoltare il battito del cuore umano». La Chiesa non può essere ridotta a un’istituzione che dice solo dei “no” o pone dei veti, sebbene ci siano «questioni intollerabili contro i quali è necessario far sentire la nostra voce». Il tema, spiega, è che «siamo chiamati a collaborare per risvegliare nel cuore umano la nostalgia della dignità. È a partire da questo che è possibile arrivare all’affermazione della vita, dal concepimento fino alla morte».

Al centro Joseph Weiler, a destra don Ignacio Carbajosa

A chiudere Encuentro, una tavola rotonda sul tema del perdono. A discuterne l’antropologo Mikel Azurmendi, l’ex terrorista italiano Alberto Franceschini e il regista Juan Manuel Cotelo. Franceschini, ideologo delle Brigate Rosse, non rinnega le sue responsabilità rispetto agli Anni di piombo: «Sono stato arrestato prima di poter uccidere qualcuno, ma questo non mi assolve. Se mi fossi trovato per strada a combattere, in quegli anni, probabilmente lo avrei fatto», ha confessato: «Dovevo comunque "sistemare i conti" anche con me se stesso. Non potevo nascondermi dietro la scusa che non avevo ucciso nessuno. Quelli che avevano ucciso lo hanno fatto anche per causa mia. Sapevo cosa dovevamo fare, chi poi avrebbe sparato era un aspetto secondario».

Franceschini ha poi insistito sul fatto che «per perdonare è necessaria la verità: uno deve sapere cosa deve perdonare», aggiungendo che il movimento deve iniziare da chi ha colpa: «Spesso le vittime o i parenti non vogliono entrare in relazione con i carnefici. Perciò questi devono essere i primi interessati al perdono, a una relazione e, addirittura, a chiarire gli aspetti di quello che hanno fatto. In tal senso, il pentimento è, prima di tutto, una operazione di verità».

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Azurmendi, a sua volta, ha messo in relazione l’esperienza del perdono con la scoperta del volto dell'altro, in riferimento al tema di EncuentroMadrid: «Per cominciare a incontrare il volto dell’altro, occorre innanzitutto essere disposti a sentirsi in colpa, a essere consapevoli del male che si è fatto e disposti a non farlo di nuovo, arrivando a portare un peso tale che non hai altra scelta che riconoscere il perdono come unica via d’uscita». In tal senso, Azurmendi ha fatto riferimento anche alle vittime e al peso che grava su queste, spiegando che il perdonare è «un atto di abbandono, un dono, una liberazione». In quella convergenza di dolore e vergogna dell'uno, per quello che ha fatto, e di ferite e peso dell'altro, per ciò che ha sofferto, proprio qui due volti si incontrano: «L’altro è necessario, l’altro è un bene. E amarlo è una necessità».

Infine, il regista Cotelo ha raccontato, partendo da una delle testimonianze di perdono che appaiono nel suo film Il miglior regalo, che «ciò che meglio può aiutarci a perdonare è sapere che siamo perdonati. Quando hai sperimentato il perdono, non puoi non domandarti chi sei tu per non perdonare quando tutto il tuo debito è stato cancellato senza condizioni. E davanti al perdono misericordioso e onnipotente di Dio, chi sono io per non perdonarti e chi sono per giudicarti?».